L’evasione in volo degli aerotaxi Tre milioni di imposte non pagate

Si tratta della quota di 100 o 200 euro a passeggero a seconda dei chilometri della tratta. Le società devono versarla all’Erario. L’ha scoperta la Finanza spulciando 12.900 voli fra 2016 e 2019

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Chi vola in aerotaxi – al ’Vespucci’ di Firenze atterraggi e decolli privati sono ogni anno diverse migliaia – deve pagare anche una imposta allo Stato: 100 euro per viaggi su tratte inferiori ai 1500 chilometri, 200 se le tratte superano i 1500 chilometri. L’importo dell’imposta grava sui voli che non superano i 19 passeggeri e riguarda partenze eo arrivi in aeroporti dislocati sul territorio nazionale.

Quella dell’aerotaxi è una prestazione di servizio resa a privati che desiderano un trasporto aereo alternativa ai voli di linea ed è appunto soggetta ad un’imposta che deve essere versata dal vettore aereo che effettua il volo.

La Guardia di Finanza – 1° Nucleo Operativo Metropolitano – a partire dal 2019 ha svolto (e, ora, concluso) una complessa attività di riscontro sul corretto versamento ed effettuato una serie di controlli su quasi 13mila voli (per l’esattezza 12.900) e ha scoperto che addirittura un migliaio di società che effettuano in modo continuativo tale servizio non hanno affatto pagato questa imposta come previsto dal decreto legge 2012011 articolo 16 comma 10 bis.

Sono per una metà abbondante società estere, le altre invece italiane. L’ammontare dell’evasione dell’imposta erariale è stato calcolato in oltre tre milioni (relativa al movimento di 40.000 viaggiatori circa) e riguarda un quadriennio: le annualità dal 2016 al 2019, anno di inizio degli accertamenti.

Accertamenti eseguiti attraverso la comparazione dei documenti di viaggio delle società che curano l’assistenza a terra passeggeri (il cosiddetto handling) e i dati riguardanti gli effettivi versamenti fiscali eseguiti nei periodi di interesse.

I comandanti dei velivoli devono compilare un documento in cui sono riportati i nominativi dei passeggeri. I controlli sono partiti da questo dato, con i documenti richiesti dalle Fiamme Gialle alle società oggetto del controllo. Poi attraverso un controllo dei modelli F24 e presso la Ragioneria dello Stato ecco che e’ saltata fuori la magagna. Forse perché – spiegano gli stessi investigatori – le società estere nulla sanno di questa ’tariffa’ supplementare. Ma ci sarà pur qualcuno tenuto a dirglielo, al momento di fare i biglietti o anche all’atto d’imbarco, o no?

A livello penale non ci sono conseguenze, trattasi naturalmente di un procedimento amministrativo.

Ora tuttavia le società che hanno omesso i pagamenti dovranno rifondere la cifra che è stata addebitata a ciascuna, maggiorata della sanzione, pari al 30% dell’importo evaso.

giovanni spano

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