La morte del tassista, via al nuovo processo

Chiesto il rinvio a giudizio, per omicidio preterintenzionale, dei due clienti di Gino Ghirelli. Nel luglio del 2017 il litigio e le botte

di Stefano Brogioni

FIRENZE

La notte del 12 luglio del 2017, fra il tassista fiorentino Gino Ghirelli e due giovani clienti ci fu una violenta discussione per il pagamento della corsa. Qualche ora dopo, Ghirelli si sentì male e non si sveglierà più: nel dicembre del 2019 morì ed esattamente due anni dopo la sua scomparsa, si torna in aula. Con un nuovo processo e una nuova accusa: omicidio preterintenzionale. Il 16 dicembre prossimo, davanti al gup Federico Zampaoli, il procedimento ricomincia da capo.

E’ stata la corte d’appello a dichiarare la nullità della sentenza che aveva mandato assolti, per legittima difesa, in abbreviato, i due clienti di "Parigi 36", Nicola Fossatocci e Ajamy Houman Abbasalizadeh.

Ma il processo celebratosi li vedeva imputati "soltanto" delle lesioni. Con il decesso di Ghirelli, e una perizia che ha stabilito il nesso tre le lesioni rimediate in quella scazzottata davanti al bancomat di piazza Beccaria, dove anche il tassista alzò le mani, e la morte di Gino, gli atti sono tornati alla procura. Che, con il pm Fabio Di Vizio (foto in alto) ha formulato una nuova imputazione. Fossatocci e Abbasalizadeh sono accusati di aver prodotto, con i loro calci e pugni al volto dell’uomo - all’epoca 67enne -, traumi gravissimi che lo condannarono a danni permanenti.

"Sono 4 anni da quando è stato aggredito e mi tormenta la scena che mi torna agli occhi di mio padre pieno di lividi e con l’occhio gonfio steso a terra mentre respira in un modo strano e rumoroso - è il ricordo della figlia Silvia -. Era già in coma ma io non lo sapevo e speravo che la mia voce lo raggiungesse e capisse che stavano arrivando i soccorsi e che io ero accanto a lui per aiutarlo. Il 12 luglio è un giorno per me davvero tragico, che eliminerei volentieri dal calendario".

Cosa successe quella notte? Fossatocci e Abbasalizadeh erano saliti a bordo di "Parigi 36" in centro. Non avevano soldi in tasca per pagare la corsa, e allora in piazza Beccaria il taxi accostò: uno scese diretto al bancomat per fare un prelievo. Poco prima, nel tragitto in auto, i giovani avrebbero buttato là una battuta: "Ce ne andiamo senza pagare". E qui si entra nel cuore del processo che ha visto, in prima battuta, venire assolti i due clienti. Ghirelli, pugile in gioventù, subì dei cazzotti, che lo fecero finire a terra, le botte che con il passare delle ore gli provocheranno quel sonno irreversibile. Per il giudice dell’abbreviato, Anna Liguori, si trattò però di una "reazione proporzionata all’offesa": il primo a mettersi in guardia, secondo quella sentenza, sarebbe stato proprio Ghirelli, che mentre uno dei due giovani prendeva i soldi allo sportello, aveva preso a discutere animatamente con l’altro. Secondo la ricostruzione del giudice, il tassista sarebbe partito con una testata all’iraniano. Fossatocci sarebbe accorso, avrebbe ricevuto un primo colpo anch’egli, poi avrebbe risposto sferrando pure lui pugni. "In quel momento, il colpo inferto appariva come reazione al fatto ingiusto altrui ed è pertanto da ritenersi legittimo", ha sentenziato il giudice, facendo arrabbiare la famiglia della vittima. Ma ora, quel procedimento è come se non fosse mai esistito. Sarà un’udienza nuova, stessi atti ma un elemento in più, il più tragico: il decesso di Ghirelli.

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