C’è Zorro, l’eremita di Castellitto

Stasera e domani pomeriggio al Puccini la storia creata dalla scrittrice Margareth Mazzantini, sua moglie

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di Barbara Berti

Chi non ha mai guardato un barbone sul marciapiede, riflettendo sul senso della vita? La scrittrice Margaret Mazzantini ha regalato al marito Sergio Castellitto la storia di "Zorro", un vagabondo che dal basso del marciapiede racconta in forma di monologo la sua vita e i fatti che lo hanno condotto fino a lì. Al teatro Puccini di Firenze, stasera alle 21 e domani alle 16.45 va in scena "Zorro. Un eremita sul marciapiede", una produzione Angelo Tumminelli Prima International Company 2022.

"Zorro è un uomo come tutti, perlomeno lo è stato. Inserito in maniera del tutto normale nella società civile, con una famiglia, una moglie e un lavoro. Un uomo che piano piano vede sgretolarsi completamente le sue certezze e finisce per strada" sono le parole dell’attore per spiegare il personaggio che "ci racconta lo scivolamento veros la solitudine, verso l’arrembaggio della vita". Il testo, nelle intenzioni di Mazzantini, descrive un eremita letterario, poetico e filosofico, benché la vita reale sulla strada sia ben più dura, drammatica e difficile. Ne emergono toni allegri e a tratti irriverenti, spunti di riflessione sulla precarietà della vita, in fin dei conti imprevedibile sia per il clochard che per i passanti frettolosi, così come sul suo indiscutibile e prezioso valore.

Insomma, uno Zorro un po’ chapliniano, un po’ clownesco laddove anche il clown di Heinrich Böll ripercorre il suo passato e riflette sulla propria vita senza filtri e senza ipocrisie. "Zorro mi ha aiutato a stanare un timore che da qualche parte appartiene a tutti. Perché dentro ognuno di noi, inconfessata, incappucciata, c’è questa estrema possibilità: perdere improvvisamente i fili, le zavorre che ci tengono ancorati al mondo regolare" spiega Mazzantini. E aggiunge: "Chi di noi in una notte di strozzatura d’anima, bavero alzato sotto un portico, non ha sentito verso quel corpo, quel sacco di fagotti con un uomo dentro, una possibilità di sé stesso? I barboni sono randagi scappati dalle nostre case, odorano dei nostri armadi, puzzano di ciò che non hanno, ma anche di tutto ciò che ci manca".

Secondo la scrittrice "i barboni sono come certi cani, ti guardano e vedi la tua faccia che ti sta guardando, non quella che hai addosso, magari quella che avevi da bambino, quella che hai certe volte che sei scemo e triste. Quella faccia affamata e sparuta che avresti potuto avere se il tuo spicchio di mondo non ti avesse accolto. Perché in ogni vita ce n’è almeno un’altra".

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