Al posto del monastero un hotel . Appello del pievano all’Arcivescovo

La fondazione che gestisce Santa Caterina punta sull’uso turistico, ma la struttura confina con una chiesa .

Al posto del monastero un hotel . Appello del pievano all’Arcivescovo

Al posto del monastero un hotel . Appello del pievano all’Arcivescovo

Vicenda complicata quella del grande monastero domenicano di Santa Caterina a Borgo San Lorenzo, da anni vuoto e per il quale da oltre cinque anni si dice di voler recuperare e riutilizzare. Ne vale la pena, perché si tratta di un complesso di grande importanza, presente nel centro storico di Borgo San Lorenzo fin dal 1500, e di grande valore storico e architettonico. Ancora di proprietà delle Suore Domenicane di Firenze che vogliono da tempo cederne l’uso, perché fonte soltanto di oneri. Così esiste da cinque anni un progetto, pur nebuloso e più volte modificato, esiste una Fondazione, la "Cittadella di Santa Caterina", ma i problemi non mancano, e finora non si sono fatti passi decisivi. Anche la proprietà finora non è passata di mano. Ci vuole il via libera dall’Arcivescovo di Firenze, che finora non ha dato l’autorizzazione a cedere l’uso del complesso, per 99 anni, alla Fondazione, che è controllata dal consorzio Co&So. Fanno parte della Fondazione, oltre a Co&So, il consorzio Fabrica – anch’esso di Co&So -, le Suore Domenicane, rappresentate da Maria Grazia Giuffrida, nominata dal presidente Giani presidente dell’Istituto degli Innocenti di Firenze e in passato consulente di Co&So, e la società Start. Sembra però che in Curia vi sia stata un’accelerazione e che il Card. Betori potrebbe essere in procinto di firmare, nonostante stia per lasciare l’Arcidiocesi e sia già stato nominato il suo successore.

Che la Curia fiorentina stia valutando con attenzione questa vicenda è dovuto a una serie di questioni. Intanto, il difficile rapporto tra parrocchia e Fondazione dell’ex-monastero. Il progetto, per collocazione e importanza, dovrebbe avere reciproca collaborazione e buoni rapporti di vicinato, ma non è così. Sembra addirittura che le Suore – ovviamente su input della Fondazione – abbiano dato lo sfratto alla parrocchia dalla sacrestia, formalmente di proprietà del Monastero, ma da sempre utilizzata dalla parrocchia per l’ingresso in chiesa dei sacerdoti. E c’è poi un altro elemento di frizione. Nell’ultimo progetto ipotizzato da Co&So si vorrebbe collocare una delle attività, quella turistica-ricettiva, proprio accanto alla pieve: in pratica le camere e la sala da pranzo sarebbero nello stesso corpo della chiesa, sotto lo stesso tetto. Il pievano, don Luciano Marchetti, ha scritto di recente una lettera all’Arcivescovo, per esprimergli la sua preoccupazione.

Altri elementi poco chiari riguardano il futuro utilizzo del complesso. Perché il progetto è cambiato più volte, non è mai stato specificato nel dettaglio, e non risulta vi siano al momento sufficienti finanziamenti per avviare i lavori, salvo un contributo pubblico della Sovrintendenza, meno di mezzo milione di euro, per mettere in sicurezza una porzione di tetto, pericolante, e 100 mila euro dalla società Start. Mentre il recupero del complesso è stato stimato in almeno 5 milioni di euro.

Paolo Guidotti

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