"La ludopatia è un fenomeno in crescita"

La responsabile del SerD, Maura Tedici, analizza la situazione nell’Empolese. "Nel 2004 avevamo quattro casi, nel 2019 ottanta"

Un giovane davanti a una slot machine (foto d’archivio)

Un giovane davanti a una slot machine (foto d’archivio)

Empoli, 1 dicembre 2020-  «Dal 2004 , quando erano quattro, nel 2019 siamo passati a un’ottantina di soggetti in carico alla nostra struttura: la ludopatia ha numeri ridotti rispetto ad altre dipendenze per quanto riguarda ciò che passa dal mio osservatorio e penso a uso di cocaina e alcol. Non è una criticità nell’Empolese Valdelsa, ma questo non ci autorizza ad abbassare la guardia". Anche perché, e lo spiega bene la dottoressa Maura Tedici, responsabile del Servizio per le dipendenze dell’area Empolese, si tratta di un fenomeno complesso con ripercussioni importanti in ambito familiare e sociale.  

Dottoressa Tedici, cosa rientra nel termine ludopatia? "Tutto ciò che comporta un azzardo. Si ha nelle persone che hanno sviluppato dipendenza dal gioco. E’ come la droga: determina nel cervello una liberazione esagerata di dopamina, ormone della felicità. Avviene nell’attesa del risultato: per esempio, nelle slot, è la stessa velocità con cui arrivano le figure a innescare sul cervello il medesimo impatto dell’assunzione di cocaina".  

Com’è la tendenza nel territorio? "In lieve salita. Non siamo mai andati oltre gli ottanta pazienti, grosso modo ogni anno registriamo una ventina di soggetti in più. Questi dati raccontan quante persone utilizzano il servizio, dopo essersi scompensate, ovvero quando non hanno più soldi. E’ l’aspetto peculiare".  

Cos’è cambiato dal 2004?

"Nel 2004 il gioco era illegale, i primi a fare tappa al SerD erano persone rovinate nelle bische, poi il gioco è stato regolarizzato: tanta più offerta, tanti più i soggetti ‘fragili’ catturati. Quando arrivano da noi hanno quasi sempre una situazione debitoria ai confini dell’insanabilità".

C’è una fascia di età più a rischio? "Il rischio è trasversale. Al SerD arrivano persone in genere dai 50 ai 60 anno di età, sono coloro che hanno iniziato a giocare a 25-30 anni".  

E’ un problema più maschile o femminile? Per nove maschi abbiamo una donna. Le donne scivolano sul ‘Gratta e vinci’, l’uomo è legato soprattutto a slot e scommesse sportive. Poi ci sono le persone di cultura che magari accedono al traiding on line: qui entra in gioco il rischio intenso come investimento, anche questo può creare dipendenza soprattutto se i soldi non sono tuoi".  

On line c’è anche il gioco. "Lì abbiamo poco potere terapeutico: genitori o mogli, vicini a un ludopatico, spesso non sono all’altezza di vedere dov’è la spesa. Si tolgono i computer, ma è più complesso: la persona può far finta di non giocare e continuare lo stesso a farlo, illusa che se si gioca due ore invece che dieci il problema è risolto, ma non è così".  

Quali sono le terapie al SerD? "La persona deve avere un tutor, spesso la mamma o la moglie, che ha in mano completamente la sua gestione finanziaria. Il soggetto viene riabilitato alla gestione realistica dei soldi. Ma abbiamo avviato anche i gruppi di auto-aiuto per i tutor. donne che si trovano ad aiutare figlio o marito ma che hanno vissuto il dramma della casa persa, dei risparmi bruciati per la malattia di una persona cara. Il giocatore d’azzardo è il malato, ma le vittime sono i familiari".  

Altri progetti in atto? "Da alcuni anni c’è il gruppo di auto-aiuto anche per i giocatori d’azzardo: è la terapia migliore. Quando si smette di giocare ci si chiede ‘chi sono io adesso?’. Ecco, qui trovano l’identità sostitutiva e la risposta diventa ‘Sono l’ex giocatore d’azzardo’ e significa ‘sono una persona nuova che fa fatica, non gioca e può aiutare chi arriva dopo’".