Le imprese stritolate dai rincari "Costi choc, rischiamo di sparire"

Il ceramista Ninci: "Potrei dare lavoro a dieci persone ma gli aumenti sono un macigno. Così è allucinante"

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di Alessandro Pistolesi

Nel migliore dei casi va così: tanto lavoro, costi enormi, zero guadagni. Nel peggiore dei casi, invece, le spese superano le entrate e allora sopravvivere diventa impossibile. Rincari e bollette gonfiano sempre di più e le imprese nel frattempo arrancano, senza ossigeno. "Abbiamo un cappio intorno al collo. A fine anno, dopo trent’anni di attività, faremo una valutazione se andare avanti o no – racconta Massimiliano Ninci, titolare di Ceramiche Ninci, azienda di Certaldo a conduzione familiare –. La bolletta dell’energia elettrica è passata dai 200 ai 700 euro al mese. Rispetto alla pandemia abbiamo una quantità di lavoro enorme, eppure la ripartenza è stata praticamente azzerata dall’aumento dei costi. E tutto il lavoro in più diventa una spesa". Un paradosso che rischia di essere fatale. "Potrei dare lavoro a dieci persone ma con questi prezzi mi ritroverei solo una massa di costi che rischiano di essere un macigno. Infatti abbiamo dovuto fare una selezione di clienti, ne ho dovuto lasciare sei. Merita stare fermi, è allucinante".

Non è solo per l’energia elettrica. I rincari hanno travolto tutti i prodotti. "Il prezzo della cristallina, un vetrificante che rende più brillante la ceramica, ormai varia ogni giorno con aumenti giornalieri, come il tartufo – si sfoga Ninci –. Si è passati da 1,50 a 7 euro al chilo per un prodotto che negli anni scorsi non era mai aumentato oltre il 5%". E così tante imprese finiscono per scivolare in un limbo, imbavagliate anche dalla difficoltà a trovare le materie prime. "Molte sono praticamente sparite – continua l’artigiano –. Non si trova nemmeno più la terra perché le grandi multinazionali hanno imparato dalla storia delle mascherine e fanno sparire i prodotti per poi rimetterli sul mercato quando ce n’è più bisogno. È un giochino che stanno facendo un po’ tutti, ma è solo una speculazione".

A rimetterci sono soprattutto le piccole e medie imprese, quelle che più di tutti rischiano di rimanere stritolate nella morsa dei rincari. "Si salva solo chi ha un negozio e fa vendita diretta e può scaricare in qualche modo i rincari sui prezzi di vendita", è l’amara considerazione dell’artigiano ceramista che poi aggiunge: "Noi siamo in quella pessima posizione di penultimi: dobbiamo sorbirci i rincari dei fornitori che ci mandano gli aumenti ogni due mesi ma non possiamo alzare i prezzi, perché il cliente finale pone dei vincoli. Risultato: applico un rincaro del 5% invece che del 40%. Solo così possiamo stare sul mercato". L’allarme lanciato da Ninci va oltre il mondo della ceramica: "È tutto il terzo settore che rischia di sparire, un altro anno così è insostenibile. E di aiuti non ce ne sono stati, quando sento parlare di bonus una tantum da 200 euro mi viene da piangere".

Le difficoltà sono trasversali e fanno traballare pure le aziende tecnologiche che di recente hanno investito per lo sviluppo con l’assunzione di nuovo personale. "Le bollette sono triplicate e stiamo anche scontando i rincari dei clienti che stanno fermando la produzione – racconta Simone Campinoti di Ceam Group, l’azienda del Pozzale che lavora nella strumentazione industriale e controllo di processo –. Questa situazione sta frenando anche le aziende sane e solide che stanno crescendo. Se non cambiano le cose il destino sembra segnato: la aziende più deboli chiuderanno, quelle forti sposteranno la produzione altrove".