"La nostra forza è il manifatturiero"

I vertici della Cgil Giuseppe Dentato e Gianluca Lacoppola sollecitano le imprese a tutelare il settore

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di Francesca Cavini

"Il territorio dell’Empolese Valdelsa ha come spina dorsale il sistema manifatturiero. Siamo preoccupati dalla mancanza di attenzione a questa realtà. Senza il lavoro manifatturiero, questo territorio perde l’anima. La cultura del saper fare si deve rinnovare, ma si deve garantire che ci sia la volontà di mantenerla e non di procedere verso la deindustrializzazione". Una presa di posizine netta quella dei sindacalisti Giuseppe Dentato e Gianluca Lacoppola, rispettivamente esponenti della segreteria Toscana della Filctem e della Camera del Lavoro metropolitana di Firenze nonché coordinatore Cgil dell’Empolese Valdelsa. Nel tracciare un quadro della situazione a inizio anno e con in mano il consuntivo di quello appena concluso, Dentato e Lacoppola sottolineano la preoccupazione per il futuro se si continuerà a non considerare un settore chiave come il manifatturiero. "In questa zona - dicono – ci sono i servizi, il commercio, il turismo, ma è la qualità del lavoro manifatturiero a fare da indirizzo per tutti. Perdere la capacità manifatturiera significa perdere la capacità di tutelare il lavoro vero e proprio". Quindi una rapida analisi dello stato dei fatti. "L’Empolese Valdelsa ha retto durante la pandemia e i dati della Camera di commercio relativi al 2022 dicono che gli addetti sono superiori al periodo pre-pandemico. Ma i dati sugli avviamenti al lavoro dicono che si tratta spesso di lavoro precario, mentre nel settore manifatturiero i posti sono a tempo indeterminato". E per il 2023, quali previsioni? "Siamo in una fase di incertezza. Alla fine del 2022 un segnale di rallentamento c’è stato, con una diminuzione della domanda a dicembre che ha portato alla riduzione della produzione, il 3,6% rispetto al mese precedente. Dobbiamo vedere se l’andamento procede nel 2023. Nonostante questo, anche nel 2023 la prospettiva sembra essere di fiducia. Aziende come Zignago e Irplast hanno inizio a programmare cosa fare per dimensionarsi in crescita sia per investimenti produttivi sia occupazionali". Cosa serve, per far sì che le aziende continuino a investire sul territorio? "Formazione e capacità di attrarre gli investimenti. Ma anche capacità delle imprese di fare sistema. E un sistema politico che indirizzi verso la produzione di un lavoro di qualità. In altre parole, la qualità degli investimenti privati deve essere legata a quella degli investimenti pubblici sulle infrastrutture".

"In più - aggiungono Lacoppola e Dentato – registriamo la debolezza delle associazioni di impresa nell’immaginare il futuro della collettività. La settimana scorsa abbiamo firmato il patto per lo sviluppo ed è la cornice in cui si può gestire questo discorso. Ma ci serve un soggetto con cui confrontarsi, serve un sistema che sia la nostra controparte. E Confindustria e Cna in questo momento sono assenti". Infine la riflessione più dura. "L’epoca del piccolo e bello è finita - concludono i sindacalisti della Cgil - Il nanismo industriale è su questo territorio e sta mettendo tutto a rischio. Per non sparire, si devono fare economie di scala e non agire come singoli imprenditori, fare un’azione collettiva di impresa che consenta di stare sul mercato. La filiera della moda è fra quelle più a rischio in questo senso. La digitalizzazione gioca un ruolo chiave, consentendo di rispondere in maniera rapida e forte alle richieste, ma le piccole aziende rischiano di rimanere fuori da questo cambiamento che è già in atto".