Il caro-energia stritola il mondo della ceramica "I costi sono stratosferici e tanti si fermano"

Artigiani in affanno: "Siamo arrivati al limite". L’allarme di Cna: "Il decreto del governo non basta, servono aiuti strutturali"

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di Alessandro Pistolesi

Da tempo il libro degli ordini è tornato a riempirsi. Ma ormai i listini devono essere ritoccati, i preventivi sono saltati e gli accordi presi con i fornitori andati in fumo. Tutto all’aria per colpa del caro-energia, uno tsunami che si è abbattuto sull’eccellenza artigiana proprio durante la ripresa del dopo-pandemia. E le aziende della ceramica, che producono ad alto consumo energetico con forni elettrici ma soprattutto a metano, sono state travolte in pieno e trascinate a fondo. "È paradossale: poteva essere l’anno del rilancio con gli ordini che sono finalmente tornati ad aumentare e invece il caro bollette costringe tante imprese a rallentare la produzione con il rischio di mandare i dipendenti in cassa integrazione", racconta Patrizio Bartoloni, presidente dell’associazione Strada della ceramica e titolare di Ceramiche Bartoloni a Montelupo Fiorentino.

"Il prezzo del gas è aumentato del 50% rispetto all’anno scorso – continua Bartoloni –. In più si aggiungono i problemi a reperire le materie prime: dalla terra bianca e rossa agli imballaggi fino alle scatole di cartone. E se aumentiamo i listini rischiamo di diventare meno competitivi". La corsa dei prezzi è una spada di Damocle che incombe sull’intero distretto della ceramica.

"Le bollette sono più che raddoppiate, se le cose non cambiano saremo costretti ad aumentare i prezzi", spiega Daria Dolfi della Ceramica Nd-Dolfi. "Lavoriamo molto con l’estero, il mercato è esigente e con gli aumenti serve cautela perché la concorrenza è spietata – prosegue Dolfi –. Ci troviamo in un bel guaio, è vero. Ma siamo alla terza generazione di produttori e abbiamo gli anticorpi per andare avanti".

L’emergenza però è senza precedenti e tante aziende sono in affanno. "Da 20 centesimi a 1,37 euro per il gas metano, cifre mai viste – commenta Daniele Corsinovi che produce terracotta a Capraia e Limite –. Dicono che presto si sfiorerà i due euro. Per noi significa essere fuori totalmente da ogni preventivo". Da qui la scelta di centellinare l’uso dei forni. "A cose normali facevamo 12 o 13 forni al mese, ora sono dovuto scendere a 3. Ma anche rallentando la produzione non si abbattono i costi fissi. In questa situazione non si vince mai", si sfoga il titolare di Terrecotte Florentia. Amareggiato, perché questa mazzata arriva proprio adesso che si intravedeva una netta ripresa: "Nell’ultimo periodo sembrava che fosse tornato l’entusiasmo degli anni Novanta, poi è scoppiata questa bolla esagerata con cifre esorbitanti. Forse bisognava fare qualcosa in più per salvaguardare le aziende. Siamo sull’orlo del dire basta e mai ci vorremmo trovare a dover mandare a casa i dipendenti".

L’appello degli artigiani è rilanciato a gran voce da Fabio Bianchi, presidente Cna dell’Empolese Valdelsa: "Le imprese stanno pagando e pagheranno un prezzo altissimo all’impennata dei costi energetici: taglio dei margini di guadagno, riduzione della produzione se non addirittura il fermo dell’attività, rinvio degli investimenti programmati. In altre parole, lo stop della ripresa e

dello sviluppo economico". Soluzioni? "Una politica energetica sostenibile che permetta riduzioni del costo dell’energia e un intervento immediato che faccia da defibrillatore, aiutando subito le tante aziende alle prese con bollette stratosferiche, con una particolare attenzione alle imprese più piccole che sono le più bersagliate di tutte". Venerdì il governo è corso ai ripari approvando il decreto energia. "Una misura utile – conclude Bianchi –, ma compensa solo parzialmente l’impennata delle bollette: lo ribadiamo, sono necessari interventi strutturali, in particolare sulle piccole imprese che sopportano i maggiori oneri. Inoltre, rimane penalizzata la filiera Pmi del made in Italy che, a differenza dell’industria, non potrà accedere al credito d’imposta".