Inchiesta 'Ndrangheta, il distretto pelle trema per gli affari. "Rischiamo il disastro"

A Santa Croce sull'Arno dopo lo scoppio dello scandalo sul traffico di rifiuti e corruzione. Gli imprenditori: "Il comparto messo in discussione nel modo peggiore"

Una conceria (Foto di repertorio)

Una conceria (Foto di repertorio)

Santa Croce sull'Arno (Pisa), 29 aprile 2021 - La pelle trema. Sotto i colpi dell’inchiesta Keu che ha gettato ombre sull’economia circolare del distretto di Santa Croce. A quindici giorni dall’operazione della procura di Firenze su traffico di rifiuti e corruzione che ha travolto il conciario, la paura del comparto che vale due miliardi e mezzo di fatturato l’anno, è tutta in piedi. «Non ci sono riscontri degli effetti del ciclone giudiziario sulle commesse – spiega l’imprenditore Ettore Valori, al timone di un’azienda di Ponte a Egola vocata al mondo delle firme –. E’ passato troppo poco tempo. Però abbiamo ricevuto chiamate anche da New York e da Parigi di prestigiose case di moda che volevano spiegazioni su quello che accade. Noi abbiamo cercato di dargliele: sarà stato sufficiente?». 

«L’inchiesta ha avuto eco in mezzo mondo – aggiunge Valori – e ha messo in discussione l’immagine del comparto su aspetti a cui le firme tengono tantissimo: la sostenibilità ambientale, elemento strategico che oggi aggiunge pregio al lusso. Un obiettivo per cui abbiamo lavoriamo sodo e per il quale il distretto ha fatto investimenti milionari. Un patrimonio che deve esere salvaguardato al di là di quello che è emerso dalle carte giudiziarie e delle responsabilità dei singoli che saranno chiamati a risponderne. Ma centinaia di aziende vanno tenute fuori da questo polverone. Sennò si rischia il disastro».

Un comparto, quello della pelle, che stava assaporando i primi tiepidissimi segnali di ripartenza e che vale 500 aziende e 6mila addetti: qui si realizza circa il 98% della produzione italiana di cuoio per suola (il 70% di quello prodotto in Ue) e il 30% della produzione nazionale di pelli per calzature, pelletteria e abbigliamento.

Tutto è successo in una fase delicatissima, dopo un 2020 che ha visito cali di produzione fino al 40% a causa della pandemia e in giorni in cui il ricorso alla cassa integrazione è sempre alto (al lavoro circa il 60% degli addetti). Simone Remi, imprenditore di spicco nella concia al vegetale: «Nulla, per ora, ci dice se quello che è successo potrà avere ripercussioni sul lavoro o sull’immagine del distretto – spiega –. Per il momento riflessi non ce ne sono stati. Sulla comunicazione, e mi riferisco alla pelle al vegetale, abbiamo lavorato molto anche durante la pandemia. E con riscontri. Il lavoro comunque non è molto, a trainare ci sono solo piccole nicchie».

Ma qualcosa si sta muovendo. Anche il rialzo del costo del grezzo, che ha destato un certo allarme, è indicatore che c’è di nuovo movimento sui mercati. Ma anche tanta preoccupazione. Almeno in Toscana.