Vino, scoppia la guerra dei Chianti. Le nuove regole dividono le aziende

La Regione Toscana non fa passare la Gran Selezione. Nove cantine di Rufina sul mercato con la loro "riserva"

E’ guerra nel Chianti per il rinvio della Gran Selezione della Regione Toscana

E’ guerra nel Chianti per il rinvio della Gran Selezione della Regione Toscana

Firenze, 10 maggio 2022 - Uno a zero per il Chianti Classico nella partita sulla Gran Selezione. La Regione rinvia la richiesta del Chianti docg di introdurre anche nella propria gamma la tipologia "top" che tanto successo ha regalato al Gallo Nero come livello di qualità al vertice della piramide di protezione. Ma è un rinvio che sa già di sentenza, visto che "in occasione delle consultazioni tenutesi con la filiera vitivinicola regionale non si è registrato il necessario consenso sulla proposta", si legge in una nota della giunta regionale che illustra le modifiche approvate al disciplinare del Chianti docg, il "Chianti grande" da 15mila e passa ettari che danno quasi 100 milioni di bottiglie per un giro d’affari di 400 milioni di euro.

Insomma, il Vigneto Toscana non ci sta. Anche perché, spiega ancora la nota, "accogliendo le indicazioni del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestale, la Giunta non ha ritenuto opportuno esprimersi fino a che non sarà concluso il procedimento attivato dal Consorzio del Vino Chianti Classico per ottenere la protezione esclusiva europea della menzione tradizionale "Gran Selezione" attualmente pendente al Ministero". E a complicare le cose per il Chianti c’è anche il sapore di una mini-guerra interna. Scintilla che scocca da Rufina, la zona del "Chianti più alto", guarda caso proprio la casa di Giovanni Busi, presidente del Consorzio Chianti.

Ebbene, nel Chianti Rufina nove aziende – ma già altre quattro si sono accodate – sulle venti totali hanno appena lanciato una mini-rivoluzione che guarda sempre più alla Francia. Con un prodotto nuovo. Si chiama "Terraelectae", riserva che supera di slancio la Gran Selezione: se questa vuol essere l’espressione delle migliori uve dell’azienda, quella punta sul "cru", sulla singola vigna. E su una sola uva, il principe Sangiovese individuato come genius loci del meglio di questi 12mila ettari da cui escono in totale 3 milioni di bottiglie l’anno. Delle quali, 50mila dell’annata 2018 porteranno in etichetta appunto la dicitura "Terraelectae": un vino con un grande potenziale di invecchiamento, da collezione e da investimento, con prezzi tra i 40 e i 60 euro a bottiglia.

"E ci mettiamo tutti la faccia, dal lavoro di ricerca alla promozione che vedrà eventi ad hoc, in questa sfida che è frutto della nuova visione delle giovani generazioni", dice Cesare Coda Nunziante, che del Consorzio Chianti Rufina è il presidente, oltre che titolare di Colognole, una delle nove aziende frondiste: le altre sono Marchesi Gondi, Grignano, Frascole, Villa Travignoli, I Veroni, Lavacchio, Castello del Trebbio, Marchesi Frescobaldi, ma c’è già l’adesione anche di Selvapiana, Il Pozzo, Il Lago, Ormae Vinae. Alla presentazione milanese, condotta dal primo Master of Wine italiano Gabriele Gorelli, c’è chi ha colto crescente voglia di divorzio di Rufina dal grande mare del Chianti. Che intanto aumenta le costole: nasce infatti l’ottava sottozona, Terre di Vinci. Effetto del nuovo disciplinare, che cambia ancora una volta la faccia del Chianti docg. E non di poco: la quantità minima di Sangiovese nel vino scende dal 70 al 60%, chissà come sarà il Chianti che assaggeremo tra qualche anno. E chissà chi sarà il timoniere: Busi ha già declinato l’invito a ricandidarsi a giugno. Un altro scossone, chissà.