Pronto soccorso, rischio chiusura per la grave carenza di medici

La misura estrema: la sospensione del servizio negli ospedali più piccoli dell’Asl Centro. Pescia e Santa Maria Nuova a Firenze i primi della lista. La Regione: "Cercheremo di scongiurarlo"

Firenze, 11 dicembre 2022 - Il micidiale mix di influenza, Covid e ponte festivo (dal 7 all’11 dicembre i medici di famiglia hanno lavorato solo venerdì 9) ha intasato i pronto soccorso della Toscana. L’emergenza è in codice rosso ormai da quando è esplosa la pandemia da Covid. Con il personale sempre più ridotto ai minimi termini.

La crisi è grave. Tanto grave che guardando a un orizzonte prossimo, la fine dell’anno, se non arriveranno nuove forze a rimpinguare le file dei medici, c’è il rischio concreto che l’Asl Toscana Centro si trovi costretta a chiudere almeno un pronto soccorso per distribuire le forze negli altri. Si tratterebbe di una misura estrema, senza precedenti. Che si cercherà di scongiurare in ogni modo. Ma purtroppo anche l’emorragia di medici scoppiata nei dipartimenti di emergenza urgenza non era mai stata così dissanguante.

Il primo pronto soccorso a chiudere potrebbe essere quello dell’ospedale Santi Cosma e Damiano di Pescia – quello più in sofferenza – dove lavorano nove medici. Ma potrebbe non bastare se il reperimento di forze dal concorso di medicina interna non dovesse andare a buon fine. E a quel punto si potrebbe pensare alla chiusura del pronto soccorso di Santa Maria Nuova, nel cuore di Firenze, dove i medici impiegati sono 15.

Alle criticità già note, infatti si aggiungono nuove criticità, il 31 dicembre scadranno i contratti libero professionali legati all’emergenza Covid, se non si troverà il modo di rinnovarli sotto diversa forma i numeri scenderanno ulteriormente e pericolosamente.

Si pensa a una riorganizzazione totale del servizio. Perché anche l’emendamento approvato dalla Commissione Affari sociali della Camera, che prevede per i medici la possibilità di chiedere di rimanere in servizio fino a 72 anni, non darà certo respiro ai pronto soccorso: su questo punto nella sanità toscana sono tutti concordi e consapevoli.

Dunque? Un medico non si fa in un giorno e neppure in un anno. Per questo è necessario pensare a una formula che, anziché guardare al futuro, torni dal passato: richiamare in turnazione al pronto soccorso tutti i dottori delle specialità di area medica che lavorano nei reparti, ovvero oltre agli internisti che già lo fanno, anche geriatri, cardiologi, nefrologi, gastroenterologi, pneumologi, infettivologi eccetera. "Gli specialisti di emergenza urgenza tratteranno i casi gravi", spiega il direttore del dipartimento delle Specialistiche mediche dell’Asl Toscana centro, Giancarlo Landini.

La Regione cerca di affrontare il problema. Ieri l’assessore alla sanità Simone Bezzini ha ripristinato d’urgenza la riunione in assessorato di tutte le direzioni di aziende sanitarie e ospedaliero universitarie per il monitoraggio costante, come ai tempi del Covid, dei nuovi ingressi in pronto soccorso. "Vogliamo tenere sotto stretto controllo tutte le situazioni di maggiore criticità – spiega l’assessore Bezzini – Il combinato disposto del picco influenzale con il ponte festivo durante il quale i medici di famiglia non lavorano ha determinato un incremento significativo di accessi, soprattutto di anziani fragili". Pers one sole, malate che non riescono a curarsi a casa. Un problema sociale dentro il problema sanitario: sono tantissimi i casi di questo tipo.

"Ribadiamo ancora una volta che per i pronto soccorso servono misure speciali a livello nazionale – incalza l’assessore Bezzini – Le chiediamo da mesi a governi di diverso colore con gli stessi risultati". Al momento nessuno. Il timore è che muovendosi autonomamente le delibere regionali possano essere impugnate. O, come avvenuto per i medici a gettone, arrivino i carabinieri del Nas in corsia. "Anche i gettonisti non sono una soluzione, i medici mercenari costano e se risolvono un problema in una regione ricca lo acuiscono altrove dove si registreranno altre fughe", dice Landini. Ma la Toscana cosa farà se il governo risponde picche?