DAVID ALLEGRANTI
Cronaca
Editoriale

Le porte girevoli dem. Che succede alle urne?

Pecore elettriche

Firenze, 24 settembre 2023 – Stagione di addii e ritorni nel nuovo Pd di Elly Schlein, dove gli ex renziani superstiti fanno fatica a sentirsi a casa. Non è una novità, il Pd è da sempre un partito con le porte molto girevoli. L’attuale segretaria nel 2015 lasciò la casa dei Democratici contro Matteo Renzi e il Jobs Act. Dopo Beppe Fioroni, Andrea Marcucci, Enrico Borghi e i trenta in Liguria ora è il turno di Rosa Maria Di Giorgi: "Esco da un partito dove vedo affermarsi la tendenza a superare l’esperienza del Pd, di cui sono stata fondatrice, per tornare al passato Ds", ha detto l’ex vicepresidente del Senato annunciando l’ingresso in Italia Viva. Chi è rimasto è lì che si chiede come riprendersi dalla cenciata del 26 febbraio. "Cari riformisti, ci siamo già scusati abbastanza, è ora di rialzare la testa", dice Tommaso Nannicini. Fin qui, gli attuali vertici del Pd hanno replicato con un’alzata di spalle. "Avevano sbagliato indirizzo prima", ha detto Schlein dopo l’addio dei trenta liguri. Al che viene da chiedersi se quella del nuovo Pd non sia una prosecuzione della rottamazione con altri mezzi. In fondo anche l’approccio alla leadership - un tempo una parolaccia, a sinistra - sembra essere analogo da parte dei sostenitori della segretaria, come testimoniano i ritorni dell’ex civatiano Luca Pastorino e dell’ex segretario della Cgil Sergio Cofferati ("La stagione del renzismo è definitivamente finita"). Laddove si dimostra, ancora una volta, che non solo il congresso e le primarie del Pd - ma anche la fase successiva - si sono giocate attorno alla linea di frattura fra renziani e antirenziani. Ora, "basta lei". È il ragionamento degli "ex voto" della sinistra che hanno scelto di tornare nel Pd. Sono quelli che hanno permesso a Schlein di vincere le primarie a febbraio. C’è tuttavia una domanda alla quale ancora non è stata data risposta. Tra chi ha votato Schlein c’è anche chi lo ha fatto per mandare un segnale al partito che aveva smesso di votare o non aveva mai votato. Questi elettori di sinistra, che hanno preferito Schlein a Stefano Bonaccini, sceglieranno Pd alle prossime elezioni amministrative, regionali, politiche? La risposta a questa domanda potrebbe avere una certa rilevanza, in Toscana, dove l’anno prossimo - fra Firenze, Prato, Livorno eccetera - si decidono le elezioni regionali del 2025. In fondo l’effetto Schlein è tutto qui, nella capacità di riportare a votare quelli Pd quelli che l’hanno scelta alle primarie del 26 febbraio. "La differenza tra la vittoria e la sconfitta", per citare l’Al Pacino di "Ogni maledetta Domenica", è una questione di centimetri. In questo caso, di voti. L’avvicinarsi delle elezioni europee, dove si vota con il sistema proporzionale, inevitabilmente radicalizzerà l’offerta politica dei partiti. Lo stiamo già vedendo con Matteo Salvini e la Lega, che quotidianamente duella con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. Sul Pd pesa, ancora, la questione della guerra. Tra chi ha votato o anche solo idealmente sostenuto Schlein c’è chi, da sinistra, chiedeva un cambio di linea sul sostegno finanziario e militare all’Ucraina. Sono i primi potenziali delusi del nuovo Pd.

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