Payback, è scontro tra Giani e imprese: "Hanno firmato", "Non è vero"

Massimo Rambaldi, presidente Asfo Toscana: “Smentisco che sia stato fatto alcun contratto, abbiamo chiesto un incontro al presidente Giani e attendiamo ancora una risposta"

Strumentazione oculistica

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Firenze, 29 dicembre 2022 - È polemica sulle ultime dichiarazioni del Governatore Eugenio Giani sul payback, la tassa che solo in Toscana rischia di far chiudere più di 300 imprese fornitrici di dispositivi sanitari ad Asl e ospedali.

Quelle del “payback sono cifre dovute da accordi firmati dalle associazioni di rappresentanza di categoria delle imprese che dovevano darci delle risorse fin dal 2015”, ha detto Giani, che ha parlato di una “intesa per cui se superavano una certa soglia, una parte di quello che guadagnavano, essendo una soglia che portava ad aver fatto dei guadagni consistenti, queste imprese dovevano restituire alle regioni”. Pronta è arrivata la smentita. Stefano Calderaro del Calderaro Medical Service di Firenze: “Il presidente ha parlato di un accordo firmato in cui accettavamo questo payback, cosa mai avvenuta. Dice poi che dobbiamo dargli il dovuto perché noi, in poche parole, straguadagniamo: ma non è così. In base ad una legge che peraltro è retroattiva, dunque anche anticostituzionale, di questi anni, - 2015, 2016, 2017 e 2018 - di tutto il mio fatturato (non il guadagno, attenzione, ma il fatturato), dovrei restituire il 20%, ossia 500mila euro. Ma io non ho neanche lontanamente guadagnato il 20%, noi guadagniamo il 6 o massimo il 7%, in più ci ho pagato anche le tasse. Ho già parlato con altri colleghi e stiamo pensando a come agire”. La tassa rischia di far chiudere oltre 300 imprese fornitrici di dispositivi sanitari ad Asl e ospedali solo in Toscana. “Saremmo costretti a chiudere e bloccare le forniture, e sottolineo non per nostra volontà – ha dichiarato Simone Innocenti imprenditore presso Esse Chirurgica -. Questo significa che non ci sarà una siringa per fare un antidolorifico, uno stand coronarico per un infartuato, non ci sarà cotone emostatico per bloccare una emorragia, non ci sarà la maschera per l’ossigenazione. Sarà un dramma se moriranno uomini, donne e bambini per questo”. Massimo Riem, presidente Fifo Sanità, Federazione Italiana Fornitori Ospedalieri, afferma: “Siamo inorriditi per quello che accadrà con la conferma della norma. Stiamo parlando di una certezza, non una possibilità. Mancheranno dispositivi medici come strumenti chirurgici e diagnostici. Abbiamo lavorato, e lavoreremo, - prosegue Riem - per tutelare, il futuro prossimo delle pmi che rappresentiamo, e soprattutto la tenuta dell’intero Sistema Sanitario Nazionale. Il Governo ci dia ascolto per evitare un pericolo concreto ed incombente per la salute dei cittadini. Di fronte a questo rischio, la politica non può girarsi dall’altra parte". La smentita alle dichiarazioni del presidente Giani arriva da Massimo Rambaldi, presidente Asfo Toscana, sempre di Fifo. Presidente Rambaldi, c’è stato un accordo con la Regione oppure no? “Smentisco che sia stato fatto alcun contratto con alcuna associazione di categoria, né con noi come Associazione fornitori in sanità Toscana di cui io sono il presidente, né con la Federazione Italiana Fornitori Ospedalieri, né Confcommercio Toscana e Confcommercio Italia hanno fatto un accordo con la Regione o col presidente Giani in persona. Abbiamo anche conferma che nessun’altra categoria ha fatto alcun contratto o alcun accordo con la Regione Toscana o con il presidente Giani. Noi rimaniamo fermi nella nostra posizione: chiediamo l’abolizione di questa norma che è assolutamente vessatoria e un non senso giuridico”. Presidente, qui in Toscana rischiano di chiudere 300 imprese del settore: lo conferma? “Il nostro comparto è rappresentato da questo numero, con 7600 addetti circa, perché c’è poi da calcolare tutto l’indotto. La cosa che sfugge a tanti è che noi siamo dei commercianti: compriamo e vendiamo come fa un negozio. Brutta aggravante è che ci vengano richiesti dei soldi dal 2015 al 2018 quando non eravamo a conoscenza di niente: perché se ci dicevano “tu oggi fatturi ma è probabile che i soldi poi te li richieda”, a quel punto avremmo potuto anche non accettare la fornitura a quelle condizioni. Altra aggravante, il fatto che la tassa riguarda il fatturato non l’utile, confondendo i soldi che ci sono in una cassa di un commerciante ad esempio con il guadagno. L’incasso non è il guadagno, perché da quei soldi ci devi togliere i costi, e noi sugli utili abbiamo già pagato le tasse. Oltretutto noi, quando facciamo le gare, firmiamo un documento che si chiama ‘Remunerabilità dell’offerta’. Ci viene chiesto: è remunerabile il tuo prezzo d’offerta? Lo era, ma alle condizioni attuali non è più remunerabile, è logico”. Avete anche sottolineato che, essendo retroattiva, si tratta di una tassa incostituzionale “Assolutamente sì, e lede tanti diritti oltre a questo: civili, giuridici, del commercio. La nostra posizione è questa: non abbiamo mai firmato alcun contratto e rimaniamo fermi nel richiedere l’abrogazione della norma”. Come vi state muovendo? “Io, come tutti gli associati, credo nelle istituzioni e cerchiamo sempre di muoverci per le vie istituzionali; crediamo nella giustizia e siamo certi che giustizia verrà fatta. Ci siamo mossi per le vie istituzionali, e attraverso Confcommercio abbiamo chiesto incontri, che sono stati fatti, con tutti i segretari di patito, e abbiamo chiesto un incontro anche al presidente Giani, che non ci ha negato, ma ad oggi non ci ha nemmeno risposto. A noi piacerebbe spiegargli che questa tassa si ritorcerebbe contro tutto il sistema sanitario regionale: perché se tutte le aziende chiudono, chi fornisce poi i prodotti agli ospedali? Non esiste la multinazionale che arriva e ha tutto il catalogo coi prodotti pronti. Altra conseguenza non da poco: così si mandano a casa tante famiglie e si deve pensare alla cassa integrazione. Infine, se le imprese chiudono, non potranno pagare più le tasse che pagavamo fino ad oggi. Oltretutto le gare vengono fatte su degli importi deliberati dalla giunta regionale: faccio un esempio, se hai 100mila euro e fai una gara per 100mila euro, e poi ne vai a spendere 130mila, allora c’è qualcuno che non ha controllato: ma perché dobbiamo essere noi a pagare quei 30mila euro di differenza? Il fatto è che hanno già messo in bilancio dei soldi che non ci sono e non prenderanno mai. Solo per fare un esempio: c’è una nostra associata che ha un fatturato medio annuo, negli ultimi quattro anni, di 950mila euro: gli è stato chiesto un payback di 700mila euro. Pretendono dei soldi che non potremo mai dare”. Chiedete dunque un incontro col presidente Giani? “Lo abbiamo chiesto da tanto tempo un incontro, ma ad oggi nessuna risposta. Un tavolo tecnico ci vuole e noi lo abbiamo chiesto da tempo: il termine di pagamento è il 15 gennaio, ma voglio essere fiducioso. Altra aggravante, la tempistica: il 15 dicembre scorso sono arrivate le notifiche e in 30 giorni vogliono i soldi. A una società hanno chiesto 32 milioni di euro: ma questa prende e se ne va via dall’Italia. In questo modo continuiamo a far scappare gli investitori dal nostro Paese, che si impoverisce sempre di più. Giani commette poi un altro errore quando parla di ‘dispositivi farmaceutici’: legislativamente parlando i ‘dispositivi farmaceutici’ non esistono: o è farmaco oppure è dispositivo medico. E il farmaco è tutto un altro mondo, non ha niente a che vedere con le regole di vendita del dispositivo medico. Sono entrambi nello stesso ambito ma sono due mondi completamente diversi: capisco che è una materia tecnica, ma siamo qui apposta per cercare di spiegarlo”. Maurizio Costanzo