
Andrea Scotti ha ripreso a camminare
Se l’importante non è cadere ma rialzarsi, allora il 34enne bresciano Andrea Scotti è un esempio da manuale. Lui, appassionato di arrampicate in montagna, corse e mountain bike, che 4 anni fa è rimasto paraplegico dopo un incidente e che grazie alla Scuola Sant’Anna di Pisa e all’Ospedale San Raffaele di Milano è la prima persona al mondo con una lesione del cono midollare a tornare a camminare. Il tutto grazie a un neurostimolatore realizzato dall’ateneo pisano che riduce la spasticità e permette anche a chi ha lesioni di intraprendere, con grande forza di volontà, percorsi di fisioterapia per rimettersi sulle proprie gambe. Un caso che dimostra la qualità d’eccellenza della ricerca e della sanità, ma anche la tenacia di un giovane che, dalla sedia a rotelle, è tornato a vedere il mondo da una prospettiva più alta.
Intanto, come si sente?
"Bene, molto bene. È una conquista perché riuscire a rialzarsi e tornare progressivamente a una vita normale era inaspettato. È cambiata la prospettiva: non sono come nuovo ma rispetto a prima ho guadagnato parecchio".
Come ha saputo del progetto?
"È stato grazie a mia mamma che, a differenza mia che ho accettato il tutto, non si è data pace per la mia situazione di paraplegico. Una sera, ascoltando il notiziario, ha appreso di questa possibilità: ci siamo informati e un giorno è arrivata la chiamata. Io ero pronto".
Si aspettava di tornare a camminare?
"La voglia era tanta, d’altronde è una normalità che, se persa, lascia un grande vuoto. Non mi aspettavo grandi risultati, ma non avevo niente da perdere: mi sono buttato in questa avventura consapevole che si trattava di una sperimentazione".
Poi i risultati sono arrivati...
"È stato fantastico e, peraltro, dopo due anni in carrozzina non ricordavo di essere così alto".
Il primo passo dopo anni è stato difficile?
"All’inizio sì. Man mano che mi alzavo e camminavo, ho spinto sull’acceleratore".
Il carattere l’ha aiutata molto?
"Serviva molta tenacia. Mi ripetevo che dovevo camminare e quindi camminavo. In queste condizioni bisogna accettare ma non rassegnarsi, altrimenti non si vive. Io avevo un obiettivo e ho cercato di raggiungerlo al meglio. Ci sono persone che hanno dedicato il loro tempo a me e non volevo vanificare i loro sforzi".
Cosa vuol dire ai medici e ai ricercatori che l’hanno aiutata?
"Che sono diventati una seconda famiglia".
Cosa farà adesso?
"Continuerò ad allenarmi e continuerò le terapie. Vediamo dove si arriva. Mi piacerebbe tornare a frequentare la montagna e partecipare alla Paralimpiadi invernali del 2026 nello sci di fondo".