'Ndrangheta in Toscana, traffico di cocaina al porto di Livorno: 13 arresti

Tra i destinatari delle misure anche alcuni soggetti che lavoravano nel porto di Livorno

Ndrangheta Toscana, maxi blitz antidroga a Livorno

Ndrangheta Toscana, maxi blitz antidroga a Livorno

Firenze, 16 novembre 2021 - Tredici arresti e un obbligo di dimora: è il bilancio dell'operazione della Dda di Firenze, condotta dalle squadre mobili di Firenze e Livorno. L'attività delle forze dell'ordine toscane rientra nel più vasto blitz della Polizia e della Guardia di Finanza scattato all'alba di oggi, 16 novembre, in diverse regioni italiane contro presunti appartenenti alla cosca Molè, una delle storiche famiglie di 'Ndrangheta, che ha portato a 100 misure cautelari, di cui 54 fermi.

Per quanto riguarda l'operazione toscana, l'organizzazione criminale sgominata trafficava cocaina proveniente dal Sud America.  Tra i destinatari delle misure, è stato riferito in una conferenza stampa alla procura di Firenze, anche alcuni soggetti che lavoravano nel porto di Livorno dove nel corso delle indagini sono stati sequestrati 430 chili di cocaina.

Destinatari degli arresti anche soggetti ritenuti espressione di due cosche calabresi, un presunto broker che faceva da raccordo tra gli esponenti delle 'ndrine e altri complici in ambito nazionale e internazionale più un dipendente dell'amministrazione civile del ministero dell'Interno che avrebbe falsificato passaporti per alcuni latitanti. Denunciate anche 8 persone per il reato di favoreggiamento.

Arrestati tre portuali di Livorno

Tre portuali di Livorno,  Massimo Antonini,  Mario Billi e Fabio Cioni, fanno parte degli arrestati in carcere oggi nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Firenze contro il traffico di droga dal Sudamerica coordinato da cosche di 'ndrangheta: i tre avrebbero avuto proprio il compito di facilitare l'accesso dei criminali calabresi al porto toscano, sia per verificare l'arrivo dei carichi di cocaina sia per portare i carichi fuori dallo scalo.

Inoltre un altro livornese, che invece il gip ha sottoposto a obbligo di dimora, avrebbe avuto il compito logistico di fornire appartamenti per le necessità di soggiorno degli 'ndranghetisti in trasferta a Livorno quando dovevano sovrintendere ai trasporti di cocaina.  Le indagini sono partite nei primi mesi del 2019, quando è stata segnalata la presenza a Livorno di presunti esponenti di vertice delle 'ndrine calabresi. Secondo quanto spiegato dalla polizia, alcuni precedenti sequestri di coca fatti nel porto di Gioia Tauro avevano indotto alcune cosche, in particolare la cosca Molè, a reindirizzare il traffico di stupefacenti verso i porti di Livorno e Vado Ligure (Savona). L'organizzazione criminale, specializzata nell'importazione di cocaina, poteva contare anche su aderenti stanziati in Olanda e in Sud America.

Nel marzo del 2019 le indagini scoprirono un fallito tentativo di recupero di droga, che non era arrivata a destinazione, da un container contenente crostacei. Il 7 novembre 2019 gli investigatori hanno sequestrato nel porto di Livorno 266 panetti di cocaina, per un valore di 15 milioni di euro, contrassegnati col marchio H, in un container di legname. Il giorno dopo sempre nel porto sono stati sequestrati altri 164 panetti per in totale di 430 chili di cocaina. Nel gennaio del 2020 altri 22 chili di cocaina, prelevati da un presunto broker, sono stati sequestrati al porto di Vado Ligure.

Così gli uomini della 'ndrangheta  entravano nel porto

Nascosti nel bagagliaio della propria auto: così, nell'agosto del 2019, uno dei dipendenti di una compagnia portuale di Livorno avrebbe fatto entrare nel porto due uomini di Gioia Tauro incaricati dalla 'ndrangheta di recuperare un carico di cocaina da uno dei container arrivati dal Sud America. «Eh ma non entro», si lamenta uno dei due calabresi nel corso della conversazione intercettata nella vettura. «Entri, entri - gli risponde l'altro -, mettiti coricato, entrano le persone di due metri». In base alla ricostruzione della polizia, il portuale, Massimo Antonini, finito agli arresti insieme ai colleghi Mario Billi e Fabio Cioni, una volta passato il suo cartellino sarebbe entrato nell'area doganale del porto, e avrebbe individuato il container grazie alla indicazione fornite in precedenza da Cioni.

I due calabresi, vestiti con le pettorine dei dipendenti del porto, avrebbero poi forzato il lucchetto che chiude il container e sarebbero entrati, ma non avrebbero trovano la droga, che non era mai giunta a destinazione. Poco dopo sarebbero costretti ad andare via, sempre nascosti nel bagagliaio, per l'arrivo di altri lavoratori. Quella sera stessa Mario Billi sarebbe stato inviato nel porto col compito di chiudere lo sportello del container che nella concitazione i malviventi avevano lasciato aperto, ma avrebbe rinunciato trovando sul posto pattuglie della polizia: «Erano lì, oh - racconta Billi in una delle conversazioni intercettate, pattuglie della polizie della finanza -. Io di andare lì vicino non me la sono sentita».

"Ci devono dare i soldi, sennò gli taglio il cuore"

«Comunque qualche cosa di soldi ci danno lo stesso, certo non tutto» ma «ce li devono dare, noi abbiamo rischiato, ce li devono dare se no... Se no entro dentro casa e gli taglio il cuore». Così uno degli arrestati nell'ambito dell'operazione condotta oggi dalla Dda di Firenze, Fabio Molé, intercettato mentre parla con suoi complici del compenso previsto per un recupero di cocaina al porto di Livorno. Recupero sfumato perché la droga non era arrivata a destinazione. Un tornaconto economico, sosteneva Molè, doveva essere loro riconosciuto comunque, se non altro per il rischio corso di essere scoperti. In un'altra conversazione, relativa al recupero di un altro carico di cocaina, nel novembre del 2019, Molè fa riferimento a un ingente quantitativo di denaro, 500.000 euro, che aveva portato con sé a Livorno e che avrebbe dovuto in parte essere utilizzato per pagare tutti coloro che aveva preso parte all'operazione, compresi i portuali. Nel corso della stessa discussione il portuale Massimo Antonini manifesta la paura di essere arrestato e di finire in carcere: «Non sono come voi - dice rivolto al calabrese Molè - che avete tutti i parenti che vi vengono a trovare, io rimango solo abbandonato».

Ecco i nomi degli arrestati

I destinatari degli arresti in carcere del filone curato dalla Dda di Firenze oltre a Rocco Molè, 26 anni di Cinquefrondi (Reggio Calabria), e a Massimo Antonini, 64 anni di Livorno, sono Francesco Riitano, 41 anni di Guardavalle (Catanzaro); Giuseppe Antonio Ierace, 42 anni di Catanzaro; Antonino Fonti, 39 anni di Messina; Mario Billi, 43 anni di Livorno; Fabio Cioni, 60 anni di Livorno; Francesco Nicodemo Callà, nato a Mileto (Catanzaro) di 67 anni; Simone Ficarra 20enne di Gioia Tauro (Reggio Calabria); Domenico Ficarra, 38enne nato a Saronno (Varese). Altre due persone  sono al momento latitanti.