
Momi
FIRENZE, 14 maggio 2021 - Una dozzina di verbali della polizia municipale, diverse violazioni dei sigilli apposti da questore, alcun rispetto de gli ordini di sospensione dell’attività disposti da novembre ad oggi. Ma a dar la carica al pugno duro nei confronti di Momi El Hawai, simbolo dei ristoratori di ’Io Apro, e titolare della pizzeria Tito di via Baracca, attività nei confronti della quale Palazzo Vecchio ha avviato l’iter di chiusura definitiva, è stata una circolare che il prefetto di Firenze ha firmato nel febbraio scorso. "In presenza di soggetti recidivi nel violare le disposizioni governative anticonatagio ed i conseguenti ordini di chiusura, le amministrazione comunali vorranno valutare l’opportunità di dare avvio al procedimento per la revoca della licenza". Ma quello avviato mercoledì dagli uffici del ’Suap’, lo sportello delle attività produttive, è un braccio di ferro legale e politico che avrà da durare molto.
Dal punto di vista tecnico, prima che il provvedimento diventi esecutivo - se mai lo diventerà - dovrà passare del tempo. El Hawi, in questi giorni fuori da Firenze, ha già annunciato ’resistenza’. E’ la stessa legge che glielo consente, che si somma al suo ruolo, quasi istituzionalizzato, di rappresentante della attività commerciali come ristoranti e bar che più ci hanno rimesso dalla pandemia. «Io comunque rimango aperto e continuerò ad aprire all’infinito il mio locale - dice il ristoratore -: hanno già messo sette volte i sigilli e sette volte li ho levati. Vado avanti per la mia strada perché quando sei dalla parte del giusto puoi fare qualsiasi cosa. Queste purtroppo non sono leggi da rispettare, perché fatte senza curarsi della compressione dei diritti costituzionali". Ma per gli uffici di Palazzo Vecchio, Momi avrebbe dimostrato "incapacità di rispettare le regole della convivenza civile finalizzate alla tutela di interessi pubblici fondamentali", e "attraverso la sua intensa comunicazione mediatica" il ristoratore avrebbe inteso sfruttare "eventuali smagliature del sistema normativo sanzionatorio per scopi di propaganda extracommerciale o per farsi beffe delle istituzioni". Tutto questo, ipotizza il Suap, potrebbe pregiudicare "un eventuale conseguimento di un nuovo titolo autorizzatorio".
Sul "caso Tito", il consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Alessandro Draghi, ha presentato una domanda d’attualità al sindaco, chiedendogli "quante attività di somministrazione sono state ritirate definitivamente dall’anno 2010 al 2020". Asciuti (Lega): "Posso capire le multe ma addirittura intimare la chiusura definitiva del locale mi pare una scelta fuori da ogni logica. Vuol dire mettere a rischio il lavoro di tanti dipendenti costretti a finire in strada". stefano brogioni