
Luca Ravenna
Firenze, 22 novembre 2022 - Si conclude domani a Firenze, al Teatro Puccini alle 21, il tour teatrale di 9 mesi che ha portato l’attore milanese Luca Ravenna, 35 anni, in giro per l’Europa e l’Italia con lo spettacolo di stand-up comedy “568” collezionando un sold-out dietro l’altro da Parigi a Berlino, passando per Londra fino ad arrivare in Italia.
Un monologo in cui l’attore attraverso personaggi reali e immaginari scopre se stesso, mostra un lato di sé, del suo privato prendendosi in giro e ridendoci su. Dal suo passato da cleptomane nei discount di Roma alla cosa peggiore detta curante le sedute di psicoterapia, Ravenna racconta tutto con molta naturalezza, tra una battuta e l’altra, condite da attimi di improvvisazione.
"Il monologo alla fine rappresenta una sorta di confessione e di elaborazione di tante cose che ha dentro – dice l’attore – e offre un ottimo spunto per costruirci sopra uno spettacolo".
Qual è la parte più complicata dello scrivere un monologo quando ha a che fare con la vita personale di qualcuno? “Sicuramente riuscire ad accettare, come si fa quando si legge un libro o si vede un film, che alcuni dettagli si devono cambiare altrimenti la storia non risulterebbe credibile, pur essendo reale. Anche se deve suscitare divertimento, una storia non può diventare assurda”. Parlare del suo passato da cleptomane sul palco è un modo per esorcizzare? “Il mio passato da cleptomane mi ha accomunato a tante persone. E ho pensato a quanto è bello parlare delle proprie debolezze e preoccuparsi di essere stupidi piuttosto che suonare intelligenti davanti al pubblico”. È difficile far ridere le persone? “Far ridere le persone di te è facile e soprattutto non sei tu a deciderlo, lo decidono gli altri ed è un esercizio emotivo e irrefrenabile. La parte complicata è ridere insieme ricreando questa situazione”. Come è arrivato alla decisione di voler condividere con il pubblico ciò che ha detto in psicoterapia? L’ho deciso quando mi sono reso conto che non stavo parlando soltanto di cose dette alla mia terapeuta, ma di cose dette tra me e me. A questo proposito il monologo comico ti permette di elaborare tanto di te ed è un’ottima cornice. Tra l’altro in Italia per alcune persone è ancora un tabù e dove c’è tabù c’è più divertimento quando si fa il mio lavoro”. Consiglierebbe a tutti di andare in psicoterapia? “Sì al cento per cento perché non mi sembra possibile che una macchina complessa come una persona non abbia bisogno di attenzioni e di poter comunicare modo protetto rispetto alle altre relazioni.” L’improvvisazione fa parte dei suoi spettacoli? “Sul palco improvviso molto solitamente, in questo spettacolo improvviso il giusto nel senso che alle battute principali ci saranno sempre delle aggiunte che magari dipendono dalla città in cui mi trovo a fare lo spettacolo”. Un breve assaggio sui temi di cui parlerà? “Parlo del fatto di non parlare di politica di non parlare di inclusione, razzismo. Apro così il mio monologo per spiegare quanto sia difficile trattare questi temi e lo faccio sperando di spingere le persone ad alimentare discussioni intorno a questo”. Prossimi progetti? “C’è l’idea di scrivere un film o una serie di sketch visto che quando scrivo, i miei testi assomigliano un po’ alle mie sceneggiature”.
Ludovica Criscitiello