Le ragazze morte in gita all’Erasmus, il padre di Elena: "Noi, abbandonati"

Lettera al capo dello Stato per chiedere sostegno e giustizia: "Le istituzioni ci hanno dimenticato"

Elena Maestrini con il padre Gabriele. La famiglia chiede giustizia

Elena Maestrini con il padre Gabriele. La famiglia chiede giustizia

Grosseto, 18 marzo 2021 - Deluso, molto. Rassegnato, mai. Neanche sotto il peso del dolore e di cinque anni di battaglie combattute avendo al suo fianco soltanto le altre sei famiglie italiane che, come la sua, nel 2016 avevano salutato le figlie universitarie in partenza per la Spagna per un Erasmus che poi ha restituito solo sette croci. Sette vite spezzate in un bus finito fuori strada nei pressi di Freginals, in Catalogna. Un incidente che di vittime ne ha fatte contare 13. Erano le sei di mattina del 20 marzo. Parte da qui lo scandire del tempo delle battaglie per avere giustizia contro una magistratura spagnola che per tre volte ha chiesto l’archiviazione del procedimento alle quali per altrettante volte le famiglie delle vittime si sono opposte. Fra queste quella di Gabriele Maestrini, padre di Elena, la studentessa di Gavorrano la cui sorriso si è spento a 21 anni. Non sarà comunque un processo a restituire quelle vite ma, almeno, potrebbe far cambiare le regole affinché certe tragedie non si ripetano mai più. Ma cinque anni sono tanti, troppi per chi aspetta giustizia. Maestrini ha provato a spiegarlo con una lettera inviata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Una lettera per esprimere cosa, Gabriele? "Dolore e rabbia, soprattutto". Rabbia? "Sì, rabbia. Quella di noi genitori che ci siamo sentiti abbandonati dallo Stato. Nell’immediatezza della tragedia ci fu una grande attenzione nei nostri confronti, molta più di quella che ebbero dai rispettivi Governi le famiglie delle ragazze straniere che persero la vita nell’incidente. L’allora premier Renzi fece in modo che il rimpatrio delle salme fosse seguito in ogni momento. Poi, però, più nulla. Lasciati soli anche dal punto di vista legale". Ma un processo ci sarà, però. "Certo, ma grazie alle famiglie che hanno sempre lottato da sole. La magistratura italiana non ha neanche aperto un’inchiesta parallela a quella spagnola, che secondo noi ha avuto aspetti sconcertanti. Eppure, in altri casi, lo ha fatto". Nessun sostegno? "No, nessuno. Mi sarei aspettato anche che le Regioni dove abitavano le sette ragazze si costituissero parte civile, così come speravo lo facessero le Università di Firenze, Padova, Torino, Genova e Roma dove si stavano laureando. Avere avuto al nostro fianco le Istituzioni, compresi i ministeri di Grazia e Giustizia e dell’Istruzione, ci avrebbe dato un grande supporto morale. Perché quello chiedevamo a loro, nulla di più". Dal presidente Mattarella cosa si aspetta? "Risposte. Avrebbero dovuto darle altre Istituzioni, lo so. Ma non è un caso se abbiamo deciso di mandare la lettera a lui". Si è dato un tempo limite di attesa? "Sono cinque anni che aspettiamo. E non abbiamo mai fatto un passo indietro".