
Il progetto segue le regole originali. Sulle colline di Poggio di Penna stanno per partire i lavori. Gino Zavanella: "Sorgerà fra sentieri, piante e fiori. Il tetto come quello delle pagode".
POMAIA (Pisa) "Realizzare questo progetto è stata una vera e propria esperienza di vita, per la quale siamo andati anche in Nepal per ispirarci ai monasteri originali dei monaci buddisti". Sulle colline di Poggio di Penna, in provincia di Pisa, sta per sorgere il primo monastero buddista tibetano d’Italia.
Il progetto, pensato quindici anni fa e per il quale stanno per iniziare i lavori, segue tutte le regole degli edifici religiosi tipici del Tibet: è stato costruito da zero sulla roccia, in una zona che in passato è stata devastata dalle escavazioni ambientali dove sorgerà un Parco della Contemplazione e della Pace accessibile a tutti.
A supervisionare il progetto l’archistar degli stadi di calcio Gino Zavanella, padre dello Juventus stadium, del nuovo Maradona e di tante altre arene della Serie A, che si è voluto "cimentare in una nuova sfida, anche personale".
E cosa ne ha tratto? "Un’esperienza indimenticabile. Mi sono immerso in un progetto complesso e complicato che è durato molti anni ma che mi ha arricchito moltissimo come essere umano".
Come mai? "Perché il disegno del nuovo monastero trae ispirazione da quelli tibetani, che ho visitato e studiato a fondo insieme a Massimo Stordi, presidente dell’Associazione Monastica Sangha Lhungtok Choekhorling, prima di metterci all’opera".
Siete andati in Tibet? "Non abbiamo potuto, ma ci siamo recati in Nepal e in India, parlando con monaci buddisti per avere pareri, consigli e suggerimenti e per osservare dal vivo i loro monasteri. Possiamo dire che il nostro progetto è stato vivisezionato e perfezionato per seguire alla lettera le regole originali".
Com’è stato visitare quei luoghi? "Molto forte. Abbiamo incontrato tantissimi monaci, meditato e vissuto con loro. Siamo anche riusciti a parlare più volte con Lama Thubten Zopa Rinpoche, il venerabile monaco nepalese che ha ispirato il nostro percorso. È stata un’esperienza che non dimenticherò mai".
Posso chiederle se è buddista? "Sicuramente sono simpatizzante della filosofia, alla quale mi sono avvicinato prima per cultura e poi, una volta approfondita grazie all’aiuto di Massimo Stordi, come percorso di vita. Posso dirle che cerco di seguire gli insegnamenti del Buddha per ciò che riesco a fare nella nostra civiltà occidentale".
A proposito di civiltà occidentale, c’è qualche contaminazione con la cultura italiana nel progetto del monastero di Pomaia? "Sarà un pezzo unico, una struttura originale che nasce dalla mia sensibilità e quella di Stordi, a seguito di esperienze vissute, riflessioni e pensieri. Al netto di questo, sarà un edificio religioso e lo abbiamo progettato per seguire e rispettare delle regole. Lo potremmo definire una unicità con soluzioni nate da un’unione delle nostre culture".
Può fornirci qualche dettaglio? "Provo a farglielo immaginare: sorgerà su una vasta collina che, come se fosse un giardino, circonderà la struttura con sentieri, prati e fiori. Il tetto sarà simile a quello delle pagode per restituire subito un’atmosfera orientale. La facciata principale, sorretta da grandi colonne, guarda verso sud, dove c’è una fontana piena d’acqua, simbolo della vita che sgorga. Il fluire dell’acqua vuole restituire un senso di pace, perfetto per meditare. Poi...".
Dica... "I colori principali saranno il giallo e arancione che simboleggiano la rinuncia e l’impegno verso il percorso spirituale. Su tutto spiccherà la grande Ruota del Dharma con ai lati due cervi, che ricordano i due animali che, quando fu chiesto al Buddha di trasmettere la sua dottrina, uscirono dalla foresta per guardarlo. L’evento rappresenta i discepoli del Sommo che provano piacere nell’ascoltare gli insegnamenti, come ci auguriamo facciano i frequentatori del monastero".