PAOLA FICHERA
Cronaca

Barboni a casa propria, triplicati in due anni

Il fenomeno di grave disagio sociale metto sotto osservazione dall’equipe di specialisti voluta dall’assessore a l welfare Sara Funaro

Barboni in casa

Firenze, 14 luglio 2021 -  Vivono in un mondo a parte. Fatto di una vita accumulata, fra carta, libri, giornali, oggetti di ogni genere, spazzatura e piatti sporchi . Spesso, ma non sempre, si vestono alla meno peggio, non si lavano. Finiscono per dormire in mezzo ai topi e agli escrementi dei tanti animali di cui spesso si circondano. Sono barboni, ma non vivono per strada: loro hanno una casa, un tetto, a volte anche appartamenti prestigiosi che trasformano in baracche sudicie e sporche. Quello del barbonismo domestico non è solo un fenomeno estremo da guardare in tv. Succede anche a Firenze. Nel 2019 i casi che risultavano all’assessore al welfare Sara Funaro erano 15. Due anni dopo complice anche la serie di lockdown e chiusure che la pandemia da Covid ci ha imposto, i casi sono lievitati: altri 31. Sono per la maggior parte persone anziane 28 hanno più di 65 anni. tredici ne hanno meno, uno fa capo all’area della disabilità, 3 hanno problemi di salute mentale, e 1 ha a che fare con le dipendenze. Le persone che vivono da sole sono 24. Sei sono coppie composte da 1 genitore e 1 figlio e in un caso si tratta di due fratelli. Totale 46 situazioni di disagio sociale conclamato e il dato che salta agli occhi è che sono triplicate in meno di due anni. "Ci siamo resi conto quasi subito che il fenomeno andava affrontato – spiega Funaro – così abbiamo costituito una equipe di operatori e specialisti per consentire interventi mirati e un monitoraggio costante della situazione. Il loro è un lavoro paziente perché per riuscire ad avvicinare queste persone ci vuole molto tempo, bisogna saper trovare il modo giusto. Diverso ogni volta".

Chi decide di isolarsi dal mondo? E perché? Non c’è solo la patologia mentale. Ci sono anche soggetti, economicamente autosufficienti a vari livelli, che decidono giorno dopo giorno di chiudere il mondo fuori di casa. Fra di loro intellettuali, professori, magistrati. Nelle loro case non restano troppi spazi per muoversi e piano piano, inesorabilmente, ne restano prigionieri. "Ricordo – racconta Elisabetta Masala che coordina una squadra di cinquanta assistenti sociali – un uomo, nemmeno troppo vecchio. I vicini di casa ci avevano segnalato il cattivo odore che usciva dal suo appartamento, una bella casa fra l’altro. Lui si vestiva di tutto punto per andare dal suo medico curante. E attraverso il medico sono riuscita ad avvicinarlo. Quando sono entrata nella sua casa, mi sono spaventata dalla quantità di cose che aveva accumulato. Con lui è andata bene, abbiamo sanificato l’appartamento ed è tornato a viverci. Lo seguiamo regolarmente". Ma le storie si intrecciano c’è anche quella di Maria e Sara (tutti i nomi sono di fantasia) madre e figlia. Quando la madre si è sentita male i soccorritori hanno dovuto far passare la barella dalla finestra. Non c’era spazio. E la figlia non riusciva a capire quale fosse il problema. Oppure c’è la strana vita di Franca. Anche lei un’accumulatrice. Era riuscita a tenere lontano dalla sua casa anche il figlio che risiedeva in un’altra città. Ogni volta che veniva a trovarla gli dava appuntamento fuori. Il giorno che Marco è entrato nella casa della madre è rimasto sconvolto. Non si era reso conto.