
Sant'Anna di Stazzema (repertorio)
Firenze, 24 aprile 2022 - L’8 settembre ’44 Pistoia venne liberata, ma i nazisti erano ancora attestati sulle colline prima di ritirarsi sulla Linea Gotica. Il 9 settembre Graziella Fanti lavava i panni in un ruscello alle Piastre. Una pattuglia tedesca la scorse, la giovane si spaventò e scappò. Fu falciata da una raffica di mitra. Una vittima innocente tra le centinaia di civili e partigiani prigionieri massacrati per rappresaglia tra il ’43 e il ’45 in Toscana da soldati delle Ss (anche italiani), della Wermacht, della Repubblica di Salò. Una statistica, che accomuna senza distinzione del numero di vittime (da 1 ai 560 di Sant’Anna di Stazzema) le uccisioni durante la ‘ritirata aggressiva’ nazifascista, conta nella nostra regione 833 episodi. Secondo un’altra metodologia contabile di quell’immane strazio, le stragi propriamente dette, soprattutto tra aprile e agosto ’44, in Toscana furono più di 280, i comuni colpiti 83, i morti tra i civili circa 4.500 (quasi la metà dei 10mila italiani) più migliaia di partigiani.
Un così alto numero di vittime si spiega non soltanto con la rabbiosa vendetta nazifascista – spesso, va ribadito, ai danni di civili inermi – contro le operazioni dei resistenti, ma anche con l’importanza strategica della regione nelle fasi finali della Seconda guerra mondiale. Soprattutto dopo la liberazione di Roma, 4 giugno ’44, risultò ancor più decisivo il controllo dell’Appennino e della costa, e la Toscana divenne inevitabilmente terra di prima linea. Specie in montagna, dove fu forte e compatta l’organizzazione delle formazioni partigiane di varia ispirazione ideologica. Mentre nel sud della Toscana agirono prevalentemente gruppi di ex militari badogliani con azioni di sabotaggio.
Scorrere anche brevemente gli atlanti degli eccidi di 70 anni fa significa perlomeno sfiorare la superficie di un pozzo di sangue e dolore che non conosce fine. Rastrellamenti meno noti e ormai dimenticati si alternano a massacri di cui ancora non si è persa, e non va persa, la memoria. Ne citiamo alcuni, un filo spinato d’orrore li unisce oltre le differenze specifiche. Il 17 aprile ’44, 17 giovani partigiani vengono fucilati lungo il cimitero di Stia, i corpi gettati in una fossa comune. Montevarchi, 21 luglio. I vigili del fuoco della caserma della Gruccia devono consegnare ai tedeschi il loro automezzo. Tre di loro manomettono il veicolo, ma sono colti sul fatto e uccisi. Quattro giorni prima, Firenze. In piazza Tasso, quartiere popolare e antifascista di San Frediano, da una camionetta alcuni militi repubblichini della banda Carità aprono il fuoco sulla folla. Tra i morti Ivo Poli, 8 anni. Alcuni fiorentini sono fatti prigionieri in piazza e fucilati sul greto dell’Arno, i loro corpi verranno ritrovati solo nel 1952.
E’ stata a lungo controversa l’attribuzione della strage di San Miniato, 58 vittime. Era il 22 luglio 1944, ma potrebbe essere oggi con lo sconcertante, odioso rimpallo di responsabilità tra russi e ucraini per i civili (ucraini) passati per le armi. A San Miniato l’esplosione di una granata colpisce i cittadini rifugiatisi in Duomo. Fino ad anni recenti la responsabilità è stata addossata alla terza divisione Panzergrenadier, in seguito è stato chiarito che la bomba venne sparata sulla chiesa per errore da un batttaglione d’artiglieria americano.
Tanti gli atti di eroismo. Il 12 settembre 1943, a poche ore dall’armistizio, a Pistoia le Ss catturano quattro uomini e una donna incinta mettendoli al muro della chiesa di piazza San Lorenzo per fucilarli. La madre della donna corre a offrirsi in cambio della figlia, i nazisti accordano la tragica sostituzione ma non fanno lo stesso con il padre di uno dei ragazzi. I cadaveri vengono lasciati per ore sul luogo dell’esecuzione. Il 12 agosto ’44 i tre carabinieri Alberto La Rocca, Vittorio Marandola, Fulvio Sbarretti abbandonano la caserma di Fiesole per unirsi alla Resistenza, ma i tedeschi scoprono la fuga e minacciano di uccidere dieci ostaggi. I tre carabinieri si consegnano per salvare la vita ai prigionieri e vengono fucilati.
Una lunga scia di tragedie e dolore che ha raffozato il valore della democrazia tanto che ora, con una proposta di legge, la giunta vuole modificare lo Statuto regionale per dire che la Toscana è antifascista, valore fondante della sua gente e della sua terra.
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