
Il primario Spartaco Sani mentre si fa vaccinare (Foto Novi)
Livorno, 9 marzo 2021 - "Il primo paziente di Livorno arrivato il 2 marzo 2020 in ospedale perché contagiato dal coronavirus (Stefano Cavero di 55 anni, deceduto il 26 marzo, ndr) fu portato direttamente in rianimazione perché grave, infatti morì in meno di un mese. Sperai che ci non fossero altri casi, ma il virus era già tra noi. Infatti dopo poco scoppiò il finimondo. Da noi nella prima ondata della pandemia arrivarono soprattutto pazienti dalla Versilia, molti meno di Livorno e provincia, perché all’epoca non era stato ancora preparato un reparto ad hoc all’ospedale Versilia".
Questi sono i ricordi del primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale di Livorno Spartaco Sani, a un anno dall’inizio della prima terribile ondata della pandemia causata dal coronavirus.

"Pensai in quel momento che eravamo in guerra. Molti pazienti finivano in rianimazione per l’aggravarsi delle condizioni dopo apparenti miglioramenti. Tra noi operatori sanitari c’era la paura del contagio, tuttavia ci siamo fatti coraggio".
Il dottor Sani non nasconde che "la situazione è impegnativa anche sul piano psicologico per il personale sanitario provato da un anno di guerra estenuante. Personalmente sono stanco perché abbiamo affrontato anche la seconda ondata di ottobre e novembre, che a differenza della prima ha travolto Livorno. Una terza ondata ora con il numero di ricoveri della seconda ondata sarebbe veramente dura da reggere...".
Resta vivo nella memoria del dottor Sani "lo sconforto provato a marzo e aprile 2020 quando non avevamo idee sul da farsi. Eravamo davanti a un nemico sconosciuto".
Poi le cose sono migliorate "ma ad oggi - mette in guardia Sani - non esiste una terapia risolutiva per il coronavirus e la mortalità non è evitabile nei casi gravi". Dopo quasi tre mesi di lockdown nel 2020 "da maggio ad agosto la situazione iniziò a megliorare, ma già dal settembre 2020 il virus aveva ripreso a circolare eccome, fino alla seconda ondata di ottobre più pesante con il reparto di malattie infettive, rianimazione e tre piani del reparto di medicina pieni di pazienti livornesi e della provincia. Ora abbiamo i vaccini, ma non bastano perché pur efficaci e determinanti, bisogna mantenere tutte le cautele e misure".
Monica Dolciotti