Il vicesindaco che salvò centinaia di passeggeri: "Potevo morire, lo avevo messo in conto"

Mario Pellegrini fu il primo a salire sulla Concordia e l’ultimo a scendere. Il corpo della bambina che galleggiava: il tormento non si cancella

Nella tragedia della Costa Concordia dieci anni fa morirono 32 persone

Nella tragedia della Costa Concordia dieci anni fa morirono 32 persone

Isola del Giglio (Grosseto), 9 gennaio 2022 - Troppo facile etichettarlo come il vero eroe di quella notte. Troppo facile pensare che salire su quella scala di corda, mentre l’acciaio della Concordia strideva sulle sperone roccioso della Gabbianara, sarebbe stato l’evento che avrebbe segnato la sua vita. Mario Pellegrini, la notte del 13 gennaio 2012, quando salì sulla Costa Concordia che stava affondando, aveva solo un obiettivo. Raggiungere la nave e salvare le persone. Tutto quello che è venuto dopo è stata solo la logica conseguenza di un gesto che all’ex vicesindaco è venuto naturale. Quella forza interiore che i gigliesi hanno sprigionato e "regalato" ai migliaia di naufraghi che in una fredda serata di gennaio, hanno invaso la piccola isola dell’arcipelago toscano e hanno trovato in quello scoglio l’unica salvezza dal gesto scriteriato di un comandante.

"Sì, potevo morire. Ma lo avevo messo in conto". Mario Pellegrini dieci anni fa era il vicesindaco di Isola del Giglio. Un marittimo prestato alla politica. Fu il primo a salire sulla biscaggina – la scala di corda – che Schettino si rifiutò di prendere. Quanto accadde, quelle ore frenetiche, l’esperienza e il terrore, la morte negli occhi e soprattutto nel cuore, Pellegrini le ha consegnate alla storia. "Paura? Mai – prosegue –. Forse fu l’incoscienza a farmi capire che non c’era altro da fare. Dovevamo avere la certezza di quante persone erano intrappolate sulla nave. E l’unico modo per saperlo, visto che non riuscivamo a metterci in contatto con nessun ufficiale, era quello di andare a vedere di persona". Pellegrini non dimentica nulla. "L’unica persona che trovai fu Simone Canessa, il secondo ufficiale di coperta. Fu eccezionale e rimase con me fino alla fine". L’ex vicesindaco scese dalla nave quando i primi raggi del sole illuminarono il transatlantico spiaggiato a pochi metri dalla riva. "Provai a scendere al ponte 3 – prosegue Pellegrini – ma la nave si ribaltò in un colpo. Non potrò mai dimenticare il rumore dei gorghi dell’acqua che salivano velocemente. Che sfondavano le vetrate dei ristoranti. Facemmo in tempo a metterci in salvo e aspettare, o meglio sperare, che la barca si fermasse".

Fu il granito della Gabbianara a bloccare la nave che stava inesorabilmente scivolando verso il fondale. «Cosa sarebbe successo? Quelle 700 persone ancora a bordo non so se ce l’avrebbero fatta. Compreso me". Pellegrini legò il suo braccio a una corda in attesa di quell’onda che non arrivò mai. "Dissi dentro di me ‘Mario, stai fermo’, mi aspettavo l’ondata e già pensavo a nuotare. Ma la nave fermò la sua inclinazione". E da quel momento iniziò il suo lavoro. E anche il suo tormento maggiore. "Forse arrivai tardi – si rammarica –. Quando tirai su con la corda l’ultima persona, un cameriere indiano, da quei corridoi che erano diventati pozzi, vedemmo passare nell’acqua il corpo di un bambino che galleggiava. Un colpo terribile. Dopo scoprimmo che era la piccola Dayana". Su Schettino è chiaro. "Molto probabilmente eravamo vicini sul ponte 3 del lato destro, c’era in lontananza a poppa un gruppo di ufficiali ma non posso assicurare che tra loro ci fosse Schettino. Poi quando mi sono spostato sul lato sinistro e la nave ha iniziato a ribaltarsi, sono andato verso l’interno a cercare le persone e non ho più visto quel gruppo di ufficiali. Mentre io andavo verso il lato sinistro, loro scendevano". Eccola, la Provvidenza. Che ha fatto sì che la Concordia scegliesse il Giglio per fare il suo ultimo viaggio. E senza i gigliesi chissà come sarebbe andata a finire.