
Un gestore chiude la saracinesca del locale (PressPhoto)
Firenze, 3 marzo 2021 - Sono tante le aziende che non ce l’hanno fatta, sprofondate nel baratro del fallimento o tra gli annunci di vendita delle agenzie immobiliari. Sono anche queste le nefaste conseguenze della pandemia che ha bruciato solo nel 2020, in Toscana, 100 miliardi di consumi. Ben 3mila i ristoranti che hanno cessato l’attività nella regione, un centinaio a Firenze. Secondo l’Istat, tra l’altro, sono a rischio chiusura il 66,5% di imprese che operano nella ristorazione.
La crisi da covid non guarda in faccia nessuno, nemmeno i locali-museo della città. Come Giannino in San Lorenzo, il ristorante nato nei primi del Novecento come rosticceria che nel ‘50, grazie a un assist della Camera di Commercio, portò a Londra i piatti della cucina toscana. Oggi Riccardo Bartoloni, che trenta anni fa ereditò il locale con la passione e i segreti dell’arte culinaria fiorentina, è stato costretto a vendere. "Il covid mi ha dato il colpo di grazia. Abbiamo cercato di reggere in zona gialla con il pranzo e in arancione con l’asporto ma è insostenibile. Le uscite superano le entrate, impossibile tenere aperto con perdite dell’80%" si sfoga Bartoloni. "Sono stanco, ho 65 anni e questo mestiere non è più quello di una volta tra lotteria degli scontrini, lungaggini burocratiche e mancate promesse, lavorare è diventato faticoso. In questo periodo poi ho riscoperto il piacere di stare in famiglia" prosegue.
Giannino non è l’unico. Aristide Bucchi non aveva nemmeno vent’anni quando iniziò a lavorare nella storica Norcineria di via Sant’Antonino. Oggi che di anni ne ha 78 ha la voce rotta dalla rabbia: "Sono invecchiato di dieci anni con la pandemia. Sono stato costretto a restituire la licenza della Norcineria e ora ho paura per il mio ristorante, se gli aiuti non arrivano sarà la fine" dice Bucchi che ha provato a mettere in vendita l’azienda ma non è riuscito a trovare un accordo con il proprietario. "Quindi ho perso tutto". Antonio Montone è stato per venti anni il titolare di Gusto Leo, il ristorante di via del Proconsolo. A novembre 2020 ha tirato le somme e ha restituito al proprietario l’affitto di azienda. "Nel 2020 ci ho rimesso 200mila euro – sottolinea –, in estate sono riuscito a lavorare ma le ulteriori restrizioni ci hanno ucciso". Impossibile, continuare ad aprire e a far fronte a perdite mensili di 10-11mila euro. "Sono riuscito ad avere uno sconto sul canone di locazione ma in centro restano comunque molto alti" riprende Montone.
E’ stato costretto a dichiarare il fallimento della sua attività, Valerio Lo Cascio, titolare della Trattoria Porcospino in piazza Madonna degli Aldobrandini. Venti anni di sacrifici distrutti dal covid. "A luglio abbiamo provato a riaprire ma con cali dell’80%. Ci siamo ritrovati in un centro abbandonato da residenti e senza turisti, tra l’altro blindato dalla Ztl. Aiuti? Briciole. Abbiamo cercato di vendere ma nessuna delle trattative è andata a buon fine". Proprio ieri a Roma c’è stato l’incontro tra il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, il capogruppo toscano Marco Stella e la delegazione dei Ristoratori Toscana-TNI Italia, rappresentati dal presidente Pasquale Naccari. "Bisogna che il diritto alla salute e il diritto a lavorare siano messi in qualche modo sullo stesso piano - conclude Stella -. Nei casi in cui ciò non sia possibile, devono essere garantiti ristori adeguati".