Tutti a cena in albergo, la rivolta dei ristoratori

Dopo le proteste toscane, anche alla Spezia la rabbia di un settore devastato dal Covid e dalla mancanza di ristori: "Apriamo in sicurezza"

Lavoro al ristorante in tempo di Covid

Lavoro al ristorante in tempo di Covid

La Spezia, 3 marzo 2021 - Quindici. Al massimo diciassette coppie. Ciascuna arriverà con mezzi propri e trolley al seguito: dentro, tutto il necessario per trascorrere una notte in albergo. Il cameriere dell’Nh hotel accoglierà gli ospiti con l’immancabile mascherina d’ordinanza. Li inviterà a occupare il tavolo assegnato. E poi consegnerà i menù. Soltanto all’arrivo delle portate sarà lecito liberarsi per gustarsi le pietanze. Tutto nel più rigoroso rispetto delle normative anti Covid, che impongono distanziamento, protezioni e l’obbligo, per chi cena nel ristorante di un hotel, di esibire prova del pernottamento. Ma il dettaglio che fa la differenza è vistoso: il rendez vous è fissato per tutti alle 20.15, orario al quale i comuni ristoratori hanno dato l’addio da tempo, liguri compresi.  

Ma c’è di più: la cena ‘carbonara’ è riservata in questo caso a loro, i ristoratori della provincia spezzina, che per l’occasione abbandonano fornelli e grembiule per indossare quelli di clienti e insoliti protagonisti di una provocatoria messinscena. L’obiettivo è chiaro: dimostrare che le trattorie sono luoghi sicuri anche quando tramonta il sole e che le regole di autoprotezione valide all’ora di pranzo sono ugualmente perentorie a cena. E quindi sufficienti a garantire la sicurezza di operatori e clienti. L’annuncio dell’iniziativa, organizzata da Confcommercio su input di un associato, arriva a poche ore di distanza dalle manifestazioni che lunedì hanno invaso le piazze della Toscana. Baristi, ristoratori, maestri di sci e deejay. Oltre 2500 tra esercenti e professionisti delle categorie ‘dimenticate’ da una politica che ha fatto dei Dpcm lo strumento di un dialogo a senso unico con questa fetta delle partite Iva. Professionisti sui quali ieri si è abbattuta la doccia fredda di un nuovo dispositivo, il primo dell’era Draghi, che ha in larga parte tradito le aspettative. Soprattutto per bar e ristoranti, per i quali nulla cambia e che dovranno rinunciare, almeno fino al 6 aprile, alla prospettiva di un’apertura serale, sia pure limitatamente ai territori che si trovano in zona gialla. Uno schiaffo per una categoria che cova ormai una sindrome da persecuzione, in astinenza da ristori e flagellata da una crisi economica che non lascia scampo. Lo dicono i numeri dell’ultimo report Fipe: nel quarto trimestre 2020 è stata registrata una contrazione del fatturato della ristorazione pari a -44,3% rispetto all’anno precedente. Per le imprese del comparto – che segna su base annua oltre 22.250 cessazioni a fronte di sole 9.190 nuove iscrizioni – quello che stiamo attraversando è di fatto un secondo lockdown, che porta l’intero anno a una perdita complessiva del 36,2%, pari a 34,4 miliardi di euro. "Un massacro – commenta sfiduciato il direttore di Confcommercio La Spezia, Roberto Martini –, che toglie agli imprenditori la dignità e la capacità di progettare il proprio futuro".