
Caponnetto, giovane, accanto a Bettina (dalla copertina di 'C'è stato forse un tempo')
Firenze, 21 aprile 2023 Fogli, articoli, fiori riempivano il suo tavolo di lavoro, alcune carte anche sul pianoforte, sua grande passione in passato. Una foto di Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, ritratti in un’occasione di svago, stava accanto a un primo piano di Paolo Borsellino.
Il giudice Antonino Caponnetto, nato a Caltanissetta nel 1920, era un uomo di estrema gentilezza. Senza conoscere la sua storia, sarebbe stato difficile indovinare, dietro quel suo fare mai sciatto, il piglio di un uomo deciso e gentile, continuatore a Palermo dell'opera di Rocco Chinnici, magistrato ucciso dalla mafia con un'autobomba come con un'autobomba furono uccisi Falcone e Borsellino, collaboratori di Caponnetto nei pool antimafia, da lui coordinato fino al 1988. E con un'autobomba Cosa Nostra voleva fare morire anche lui. Ma il piano, poi rivelato dal pentito Marino Mannoia, non fu eseguito proprio perché Caponnetto rientrò a Firenze, sua città adottiva.
In Palazzo Medici Riccardi è stato presentato un libro del figlio Massimo Caponnetto, 'C'è stato forse un tempo', edito da EdizioniPiagge, con gli interventi di Michele Brancale, giornalista e scrittore, e di Nicola Armentano, consigliere delegato della Città Metropolitana di Firenze.
Il volume getta luce su Caponnetto giovane e sul suo incontro con Bettina, nella città di Pistoia degli anni ’40. “E' l’incontro di due timidezze, di due solitudini – è stato spiegato -. Come accade spesso in questi casi, entrambi hanno la sensazione che non sia una coincidenza, ma piuttosto il destino, come se esistesse un tempo sospeso a mezz’aria che finalmente, al momento giusto, con delicatezza, scende. Il loro amore incrocia le vicende della Storia quando Nino, nei primi anni ‘80, decide di tornare nella sua Sicilia per affrontare una sfida difficile e rischiosa, che lo terrà lontano da Bettina per molto tempo. Le loro volontà, per una volta, spingono in direzioni opposte, con uguale forza. Ma tutto ciò che accade, che avvenga per coincidenza o per destino, può consolidare o indebolire un legame, dare un senso o meno alla nostra storia. Dipende solo da noi”.
Ma dopo Palermo? Cosa successe a Caponnetto? Al suo ritorno a Firenze, notato da qualche giornalista avveduto, subentrò "una vecchiaia triste", ma dopo che i suoi due amici furono uccisi, non c’era più posto né tempo per questa "vecchiaia triste”. “Ci vuole un fronte compatto di impegno e di resistenza civile contro questi nuovi barbari”, spronava Caponnetto, che sottoscrisse anche un appello contro il razzismo promosso da Comunità di Sant'Egidio e Caritas.
Il 4 marzo ‘93 Caponnetto venne invitato da una parrocchia della periferia fiorentina a un incontro sull'educazione della coscienza. Facendo riferimento alla Bibbia, notò come il termine ‘coscienza' non si trova nell'Antico Testamento e raramente invece nel Nuovo. La Scrittura parla piuttosto di cuore e allora “educare le coscienze è educare il cuore degli uomini”, secondo valori che non possono cambiare nel tempo. E Caponnetto ne indicò tre: l'amore per la vita, l'amore per il prossimo e la solidarietà con i più deboli. "Viviamo un periodo di contrasti profondi con le istituzioni e una coscienza animata da questi valori, insieme alla serietà e l'onestà nel lavoro, la politica come servizio alla società, permettono rischiarare "questo periodo di transizione, difficile, oscuro, del quale non si vedono gli sbocchi”.