REDAZIONE CRONACA

Almanacco del giorno: 26 ottobre 1890, Pinocchio perde il suo papà. Muore Collodi

Lo scrittore e giornalista, che scrisse anche per ‘La Nazione’, viene ricordato oggi dall’Associazione Pinocchio di Carlo Lorenzini, che ripercorrerà le “tracce di Pinocchio” alla riscoperta dell’attualità del suo messaggio

Carlo Collodi e la presidente dell'Associazione Pinocchio, Anna Iacobacci

 

Firenze, 26 ottobre 2021 - Si racconta che Carlo Lorenzini, detto Collodi, soleva trascorrere il pomeriggio fuori del Caffè Falchetto, in quello che un tempo era detto «canto dei lavoratori», chiamato così perché si riunivano i più celebri sfaccendati di Firenze. Là, in compagnia degli amici “tagliava i panni” addosso ai passanti. Si narra che prima del cinquantanove, Lorenzini vestisse come gli affiliati alla Giovane Italia, calzoni alla francese e panciotto sbottonato a metà. E che fosse affezionatissimo al suo tubino, che non si toglieva neppure di notte: d’estate quello di paglia, d’inverno quello di feltro. Aveva un modo tutto suo d’indossarlo: o sulle ventitré, o calato sugli occhi, oppure ributtato sulla nuca.

Un buon rancore è una musa decorosa, e proprio come Geppetto, anche Collodi di figli non ne lasciò nati dalla sua carne. Ma uno nato dal suo spirito sì: l’immortale Pinocchio, che dopo la Bibbia, è il libro più tradotto, più adattato e più letto del mondo, definito dagli intenditori non a caso la «Bibbia del cuore». Una favola che sembra avere un influsso simile a quello del Cullinan, il famoso diamante che non tollerava padroni: ai bambini è subito chiara, laddove gli adulti ‘saggi’ non smettono mai di scoprirla, e di stupirsi studiandola. Collodi, che scrisse “Pinocchio” per incantare i bambini e, in fondo, per smascherare i grandi, si divertì a tradurre in favola i suoi affetti, le sue paure e persino i propri dispiaceri. Tra le pagine ci ritroviamo la furfantesca astuzia del Gatto e la Volpe, l’affamato e spaventoso Pesce-cane. Persino la saggezza l’affidò non alla servitù di un cane, né alla libertà di un uccello: ma, per non far propria l’abitudine al cielo, a un minuscolo grillo, che è mezzo salto e mezzo volo.

Collodi riuscì a percepirne l’anima non solo degli uomini e degli animali, ma anche delle cose inanimate, come i tronchi. E il falegname Mastro Ciliegia, che svenne nel vedere un pezzo di legno che rideva e piangeva, offre ancora oggi una bella lezione a chi, disincantato, ha disimparato a provare stupore. E a tutti quegli uomini che non sanno ridere o non osano piangere.  Il finale originalissimo, che fu costretto poi a cambiare, vedeva in origine Pinocchio finire impiccato a una quercia: come a dire che non esistono ‘buone e belle’ favole. Dopo assidue pressioni, Lorenzini si convinse a riscriverlo immaginando un lieto fine, con Pinocchio e Geppetto riportati a riva da un Tonno. Come a dire: si può scampare la morte, ma resta impossibile sfuggire al mondo.

Molto spesso gli uomini di un tempo, come Collodi, non osavano dire facilmente ciò che avevano in animo. Gli risultò più facile svuotare il cuore tra le pagine di Pinocchio, raccontandosi fino in fondo. Tradusse perciò in favola i suoi pensieri: confidò di non amare la superbia - sia essa brutale di Mangiafoco che quella borghese dei Gendarmi - ma nemmeno l’astuzia del Campo dei Miracoli, il cui inganno può essere ovunque ancora oggi, in ogni angolo di mondo. La menzogna invece, Collodi la considerava tutt’al più un’allucinazione, descritta come un naso improbabile capace d’allungarsi a dismisura. Con la squisitezza della fiaba che fa presa sulla più schietta delle realtà, considerava gli uomini-bambini ‘ciocchi di legno’ da plasmare con l’educazione, l’istruzione e le buone maniere. Espresse anche il sentimento autentico della povera gente che soffriva e soffre, faticando in solitudine come Geppetto, senza però mai rassegnarsi. Ed è forse proprio per essere stato uno dei più grandi narratori per l’infanzia, ma anche un sommo interprete degli umili e degli ultimi, che è rimasto così tanto caro nel nostro mondo, a grandi e piccini. Al punto che, quando negli anni Cinquanta, la stampa nazionale consacrò Giovanna Ragionieri - nativa di Castello, a un passo da Firenze - come colei che avesse ispirato l’autore di Pinocchio per il celebre personaggio della Fata dai capelli turchini, da allora, e fino al giorno della sua scomparsa, bambini di tutta Italia le scrissero tenere e accorate letterine.

Oggi, nel giorno della morte dell’autore del burattino più famoso al mondo, l’Associazione Pinocchio di Carlo Lorenzini commemora  Collodi con una visita guidata al Cimitero delle Porte Sante a San Miniato. «Non intendiamo solo celebrare la memoria storica del celebre scrittore e giornalista toscano e della più amata tra le sue creature letterarie – spiega la presidente Anna Iacobacci -. Ci piace ripercorrere quelle che chiamiamo le “tracce di Pinocchio”, ovvero quei segni del suo insegnamento tutt’ora ben riconoscibili nel presente, attraverso iniziative mirate che possano coinvolgere giovani e meno giovani, stimolando la riflessione e la creatività in ciascuno di noi, così come ci ha insegnato a fare il nostro caro burattino, mentre pagina dopo pagina condivideva con i lettori il suo personale percorso di crescita interiore. E le tracce di questo percorso arrivano fino ai nostri giorni, fino alle persone che siamo diventate anche grazie alle letture della nostra gioventù». E così, alle ore 10, con ritrovo davanti alla Basilica, partirà la visita guidata alla scoperta della Firenze dell’Ottocento e dei vari personaggi sepolti alle Porte Sante. E alle ore 11,30 non mancherà la benedizione da parte di Padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte, alla Cappella di Carlo Lorenzini. Il prossimo 24 novembre l’Associazione celebrerà il Premio Pinocchio di Carlo Lorenzini 2020, con premi speciali anche per il 2021. «Ogni anno il Premio è dedicato a personalità che si siano distinte nell’ambito di varie discipline - puntualizza Iacobacci - dalla ristorazione al cinema, dallo sport alla moda. Ogni premio porta il nome di un personaggio del romanzo di Pinocchio: il premio Mastro Geppetto a un’eccellenza dell’artigianato, il premio Grillo parlante a un’eccellenza del sapere e così via; sempre nell’ottica del riscoprire l’attualità del messaggio di Pinocchio anche ai nostri giorni»

Collodi continua dunque a vivere non solo nel cuore dei suoi piccoli e grandi lettori, ma anno dopo anno, grazie a iniziative come questa, viene omaggiato e riscoperto nella sua figura immortale. Come ogni grande autore, anche su di lui aleggiano miti e leggende.  Ad esempio, nonostante sia noto che cominciò a pubblicare il suo Pinocchio a puntate nel “Giornale per i bambini”, si racconta che lo scrisse in una sola notte per pagare un debito di gioco. Una cosa è certa: Lorenzini è stato giornalista (scrisse anche su La Nazione), scrittore, protagonista dell’Italia unita e anche musicista finissimo. Chi lo ha conosciuto raccontò che “leggeva a prima vista ch’era una meraviglia” e conosceva la musica in ogni sfumatura e modulazione. Dolci note e toni gravi che, a pensarci bene, risuonano anche tra le pagine di quel meraviglioso spartito che è Pinocchio.

Prima di aver goduto del meritato successo, il 26 ottobre 1890, Collodi si addormentò per sempre proprio sull’uscio di casa, mentre stava rincasando in una gelida notte d’autunno. Chissà se ora, nella sua nuova vita, avrà spazio per la fantasia. Se il suo Pinocchio talvolta arriva a fargli compagnia, chissà se gli appartiene ancora. Oppure è morto, come capita per destino a tutti i bambini, quando, ormai diventati adulti, cessano di essere tali. Quel che ci è dato sapere è che in quel triste giorno d’ottobre, in piena notte, al numero 7 di via Rondinelli, il campanello squillò a lungo. Nel gelido vento che sibilava lungo la via, il fratello Paolo Lorenzini, svegliato di soprassalto, s’affacciò alla finestra, da dove sentì due volte gridare: «Muoio!... Muoio!...». Si narra che col «capo girato da una parte e con un braccio ciondoloni», trovarono Collodi appoggiato allo stipite del portone, con l’altra mano irrigidita sul campanello che continuava a squillare. A quel punto, narrano le cronache dell’epoca, la portarono di sopra per soccorrerlo. Proprio come un grosso burattino.

 

Nasce oggi

 

Carlo Lucarelli nato il 26 ottobre 1960 a Parma. Scrittore, sceneggiatore e conduttore televisivo, è uno degli scrittori ‘noir’ più famosi e apprezzati del panorama letterario nazionale. Ne ‘La faccia nascosta della luna’ ha scritto: “Ci deve essere un’isola nell’oceano Pacifico, una bella isola sperduta e nascosta sulle cui spiagge passeggiano tranquilli Elvis Presley, James Dean, John Lennon e Marylin Monroe. E magari, a fumare la sua pipa su una sdraio, in disparte, c’è pure Sherlock Holmes, che per i suoi appassionati lettori non è un personaggio letterario ma è esistito veramente alla fine dell’Ottocento ed è ancora vivo, perché ha scoperto una specie di siero dell’immortalità”.