Almanacco del giorno: 22 novembre 1963, omicidio Kennedy. E il mistero dell’arma italiana

In Toscana, nel pistoiese, in un armadio di deposito della Smi è stato ritrovato un fucile analogo a quello dell’assassinio, con un cartellino con scritto C.Warren

John Fitzgerald Kennedy a Dallas, prima dell'assassinio

John Fitzgerald Kennedy a Dallas, prima dell'assassinio

Firenze, 22 novembre 2021 - Solo un mese prima dell’attentato, sempre a Dallas, l’ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Adlai Stevenson, era stato aggredito a sputi. Non è un mistero che Dallas fosse considerato un focolaio di estremisti. Lo stesso Kennedy, prima di partire, disse a Jackie: “Stiamo andando in un Paese di matti”. Da qui la tremenda etichetta di ‘City Of Hate’ (la città dell’odio) che le hanno affibbiato dopo il 22 novembre del 1963, e che in Texas tutti vogliono togliersi di dosso.

Una rimozione collettiva che però non potrà mai cancellare il passato. Ancora oggi, a 58 anni di distanza, tutto è rimasto più o meno come allora: sono stati solo rinnovati i lampioni ed è stato messo a posto il prato circostante, dove quel giorno, con le bandierine in mano, la folla festeggiava il passaggio di John Fitzgerald Kennedy, l’uomo che nelle parole di Barack Obama “ha incarnato l’America e il carattere del popolo che ha guidato: risoluto, senza paura, pronto alle sfide impossibili, determinato a rinnovare il mondo”. Un clima di festa e spensieratezza che segnava non solo una presidenza che apriva una nuova epoca di cambiamenti, ma un decennio pieno di speranza e di fiducia nel futuro. Un’atmosfera magica spezzata e spazzata via per sempre alle 12,30 locali, dal sibilo delle pallottole che mandarono in frantumi il cranio del 35esimo presidente degli Stati Uniti. Ucciso al fianco della moglie Jacqueline, crivellato dai colpi a bordo di una Limousine decappottabile, mentre salutava la folla lungo la Dealey Plaza.

Dopo il primo sparo “lo vidi portare le mani alla gola e piegarsi sulla sua sinistra – raccontò alla Cnn l’agente Clint Hill, che era nella vettura che seguiva immediatamente quella del presidente -. Sono saltato giù subito e sono corso verso la macchina. Ho sentito un secondo colpo. E, subito dopo, il terzo sparo, che ha colpito il presidente alla testa. Sono arrivato troppo tardi”. Hill, Blaine e gli altri uomini del Secret Service in servizio quel giorno, hanno continuato a vivere come un dramma quel ricordo.  Intanto a Dallas è stato anche rifatto il marciapiede da dove un commerciante locale di tessuti, Abraham Zapruder, girò con la sua super 8 il più terrificante filmino amatoriale della storia americana, immortalando in pochi fotogrammi la storia che gli stava passando accanto. Immagini che da 58 anni sono state viste, riviste, studiate e analizzate, sempre con lo stesso sgomento, in tutti gli angoli del pianeta. Poche ore dopo l’assassinio, opposte teorie già animavano il dibattito dei contemporanei: chi ha ucciso John Kennedy, che secondo i sondaggi, ancora oggi resta il presidente più amato? Un assassino solitario oppure è stata opera di una squadra di tiratori esperti, parte del complotto più inquietante del secolo scorso? La diatriba va avanti da quasi 60 anni.

Impossibile affidarsi a una ricostruzione ‘ufficiale’: nel 1964 la Warren Commission, costituita per indagare sul delitto, arrivò a concludere che Kennedy era stato ucciso da un solo assassino, Lee Harvey Oswald, arrestato quello stesso giorno: un ragazzo di 24 anni con un passato nei Marines e una diserzione in Urss, conclusasi con il rientro negli Stati Uniti nell’estate del 1962, accompagnato da moglie e figlia. Ma nel 1976 venne costituito un altro comitato, House Selected Committee on Assassinations (Hsca), per fare luce non solo sul delitto di Kennedy, ma anche sugli omicidi di Martin Luther King (aprile 1968) e del fratello del presidente, Robert F. Kennedy (giugno ‘68). Il comitato concluse che a Dealey Plaza quel 22 novembre del 1963 erano in azione almeno due tiratori. L’Hsca, nel suo rapporto del 1979, criticò aspramente Fbi, Cia e la stessa Warren Commission per la “superficialità a tratti inquietante” con cui era stata condotta l’inchiesta.

C’è poi un altro mistero, che riguarda il fucile Carcano 91/38 con cui Oswald sparò al presidente Kennedy, custodito negli Usa. E riguarda il ritrovamento di un’arma analoga, qualche anno fa in un capannone della ex fabbrica di munizioni Smi (Società metallurgica italiana) di Campo Tizzoro, sulla montagna pistoiese. Ritrovamento che ha aperto un caso se non un mistero. Perché mai quel fucile, disattivato e arrugginito, era avvolto in una busta Smi con un cartellino con scritto C.Warren, ovvero il nome della prima commissione che indagò sul delitto Kennedy, insieme ad alcuni documenti? Tutto era in un armadio metallico, acquistato - come il resto del materiale dell’archivio difesa della Smi - all’asta per 5mila euro, dopo che il relativo ramo d’azienda era stato ceduto al pubblico. Ma com’era finita quell’arma in quell’armadio? Alcuni ritennero che si trattasse di un fucile lasciato a Campo Tizzoro dalla commissione Warren per prove balistiche. Visita che era nota, dal momento che, a quei tempi, la Smi era la principale ditta di munizioni in ambito Nato. Difatti, nel 1966 arrivarono investigatori della Cia per alcune verifiche, in quanto due delle tre pallottole esplose da Hoswald, oltre a un caricatore, erano state prodotte a Campo Tizzoro. Altri ipotizzarono che potesse trattarsi del secondo fucile che sparò a Kennedy. Di certo si sa che Oswald ordinò la sua arma per posta, e che nel 1968 venne approvata una legge che proibì per sempre questo tipo di vendite.

Nasce oggi

George Eliot, nata il 22 novembre 1819, Nuneaton, Regno Unito. È stata una scrittrice britannica, tra le più importanti dell'età vittoriana. Mary Anne Evans usò uno pseudonimo maschile a partire dalla sua prima opera narrativa, come era comune a quel tempo per le scrittrici. Ha detto: “Teniamo quello che vale la pena tenere e poi, con il fiato della gentilezza, soffiamo via il resto”.