A Firenze i tabernacoli 'parlano' grazie alla tecnologia

Avvicinando il telefono all'apposita targa digitale si potrà accedere a informazioni

Basterà avere uno smartphone

Basterà avere uno smartphone

Firenze, 22 settembre 2022 - A Firenze i tabernacoli 'parlano' grazie alla tecnologia: sono 37 gioielli d'arte e d'architettura, nascosti in piena vista per le strade della città, che si rivelano a appassionati, residenti e passanti attraverso un sistema di targhe interattive, tra tecnologia e passaparola. È così che i tabernacoli fiorentini diventano 'Luoghi Parlanti', entrando a far parte dell’omonimo progetto di “turismo sostenibile” di Movimento Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue che propone un nuovo modo di esplorare il territorio grazie a una rete di QR code e all'unico strumento davvero indispensabile per il viaggiatore contemporaneo: lo smartphone. Con la collaborazione di Amici dei Musei e dei Monumenti Fiorentini - Comitato per il Decoro ed il Restauro dei Tabernacoli, nell’ambito del 2/o Festival delle Associazioni Culturali, una selezione di tabernacoli del centro storico della città, tornati all’antico splendore dopo le operazioni di restauro (a cura del comitato stesso), si raccontano a chiunque voglia ascoltarli, ma non solo.

Avvicinando il telefono all’apposita targa digitale si potrà accedere a informazioni, cenni storici, curiosità e suggerimenti per completare il proprio percorso di visita sul territorio, ma anche interagire, condividere foto. Tra le opere di maggior rilievo che sarà possibile riscoprire ci sono il celebre Tabernacolo delle Fonticine in via Nazionale, splendido esempio di arte robbiana; quello all’angolo tra piazza Santa Maria Novella e via della Scala, voluto dall'Arte dei Medici e degli Speziali; quello tra via del Porcellana e via Palazzuolo, preziosa testimonianza della vocazione all'assistenza di questo angolo di città, legato all'antico ospedale del Porcellana.

E poi il tabernacolo cosiddetto “delle cinque lampade”, di fronte a cui nel 1731 fu perpetrato un delitto che sconvolse la città ai danni di Tommaso Bonaventuri, funzionario di corte del Granducato di Toscana, al tempo del granduca Gian Gastone de' Medici; quello tra via Sant'Antonino e via Faenza, contenente un’immagine mariana – ritenuta protettrice di inquilini e sfollati – che nel periodo a cavallo tra le due guerre fu protagonista di un fatto di cronaca: una mattina del 1926 le strade limitrofe dovettero essere chiuse al traffico, talmente era ingente la folla di persone, radunate presso il tabernacolo; e l’opera suggestiva posizionata su un angolo smussato dell’edificio tra via del Leone e via della Chiesa, attribuita al figlio di un allievo di Giotto.

Niccolò Gramigni