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6 settembre 1698: lo Zar e la tassa più bizzarra della storia. Quella sulla barba

Un’imposta simile fu introdotta anche in Italia: ecco quando, dove e perché

L'usanza russa di portare una lunga barba in un quadro d'epoca

Firenze, 6 settembre 2022 - Tra le tante tasse che sono gravate sulle spalle dei cittadini del mondo, ce n’è una che è passata alla storia per essere tra le più bizzarre mai introdotte: quella sulla barba. Non deve dunque stupire se, come narrano le cronache dell’epoca, il 6 settembre del 1698, a Mosca come in tutta la Russia, già si potevano vedere le prime rasature pubbliche nelle piazze, seduta stante, con le forze dell’ordine che, dopo i controlli del caso, non esitavano a trasformarsi in provetti barbieri. La tassa, introdotta da Pietro il Grande, era proporzionale al proprio reddito e poteva arrivare fino alla somma di ben 100 rubli. Come ‘ricevuta’ di avvenuto pagamento, veniva consegnato un gettone di metallo che valeva un anno. Ma ai ‘furbetti’, a coloro cioè che ai controlli fossero risultati sprovvisti del gettone, scattava l'immediata rasatura. Non è un caso che i grandi scrittori russi, da Tolstoj a Dostoevskij, portassero folte barbe: anche nell’Ottocento era un segno di identità nazionale, ma in tempi più antichi, anche tradizione di nobiltà. Per i religiosi poi, tagliarla era considerato addirittura peccato, un oltraggio a Dio: e così loro, insieme a molti aristocratici, furono costretti a pagare fior di rubli pur di mantenere il ‘diritto’ di continuare a sfoggiare in tutta tranquillità la propria barba. Tutti erano soggetti a quest’imposta, dai funzionari ai commercianti, eccetto i contadini che vivevano nella periferia dell’impero, a cui però era fatto divieto entrare a Mosca se non dietro pagamento di una ‘tassa di soggiorno’. Ma cosa spinse Pietro il Grande a introdurre questa imposizione fiscale che scioccò la popolazione russa? Bisogna tenere presente che lo zar era un sovrano lungimirante ma anche dispotico. Fu autore del processo di occidentalizzazione e modernizzazione che puntava a far uscire la Russia dall’isolamento in cui versava: costituì la Marina russa, introdusse la patata e il girasole e anche la stagione dei balli a corte, fece costruire la reggia di Peterhof, stravolse da un giorno all’altro il calendario, sostituendo l’anno bizantino con quello giuliano che segnava, al posto del 7208, l’anno 1700. Accadde che in gran segreto lo zar, nel 1697, col falso nome di Petr Mikhajlov per evitare di essere rintracciato e di subire attentati, pensò di fare un viaggio in Europa, per vedere da vicino usi e costumi occidentali e carpire nuove idee da importare nel suo impero che sotto molti aspetti era arretrato. Al suo seguito c’erano ambasciatori, ciambellani, religiosi, musici, cuochi, soldati e ovviamente interpreti. Visitò l’Europa in lungo e in largo, dall’Olanda all’Inghilterra, dalla Germania all’Austria, osservando di volta in volta come vivevano a Londra, a Dresda, ad Amsterdam o a Vienna. Dopo aver ammirato il progresso che avevano raggiunto i cittadini europei, la sua visione del mondo e della società cambiò totalmente. Dopo un anno e mezzo, la sera del 4 settembre 1698, Pietro il Grande rientrò a Mosca. Quando, il mattino del 5 settembre, gli ufficiali andarono a rendergli omaggio, dopo che lo zar aveva notato che i grandi aristocratici occidentali non portavano la barba, fece portare un rasoio e iniziò a sforbiciare quella dei suoi uomini di corte. Lo Zar era deciso a cambiare radicalmente non solo il volto della Russia, ma anche quello dei russi. E così, lo stesso giorno, promulgò la legge. Lo zar aveva anche un grande sogno: fondare una nuova grande città che avrebbe portato il suo nome e quello del primo apostolo, San Pietroburgo. Sogno che venne realizzato proprio grazie agli introiti di questa tassa. Fruttando molto, l’imposta rimase in vigore per oltre 70 anni, anche sotto i regni di Caterina I, Pietro II, Anna, Ivan VI, Elisabetta e Pietro III. Fu abolita solo da Caterina II la Grande, nel 1772. Una tassa del genere non fu introdotta solo in Russia, ma anche in Italia, precisamente in Sicilia. Dopo l’Unità d’Italia, prefetti e funzionari statali provenienti dal nord, imposero che, sul modello del re Vittorio Emanuele II, solo a nobili e galantuomini era consentito portare barba e baffi: viceversa a braccianti, pescatori, contadini e gente di umile origine quest’uso veniva di punto in bianco assolutamente vietato. In realtà dietro questa decisione c’era un’altra ragione, di ordine pubblico: era infatti più facile catturare i briganti se avevano il volto scoperto e rasato. Nasce oggi Andrea Camilleri nato il 6 settembre 1925 a Porto Empedocle. Eccezionale narratore, maestro di saggezza, colonna portante della letteratura contemporanea dall’inesauribile vena creativa, è stato uno dei più celebri e amati autori del nostro tempo. Coi gialli del commissario Montalbano, che hanno ispirato la famosissima serie televisiva, dalla fine degli anni novanta ha raggiunto popolarità internazionale. Ha detto: “Adoro chi osa, odio chi usa”.

Maurizio Costanzo