23 marzo 1922, nasce Ugo Tognazzi. Una vita da film

Durante la guerra fu assegnato a spettacoli per risollevare il morale della truppa evitando la prima linea. Fece il ragioniere e scelse definitivamente il cinema dopo il licenziamento in tronco dalla Rai per una gag. E garggiava in cucina con Gassmann suo vicino di casa

Ugo Tognazzi (foto Ansa)

Ugo Tognazzi (foto Ansa)

Firenze, 22 marzo 2024 - I 102 anni di Ugo Tognazzi sono un'istantanea dell'Italia che cambia, uscita affamata di vita e di cibo dagli stenti della guerra mondiale, gettata nella corsa al benessere degli anni '60, attraversata dalla paura e dall'eccesso negli anni '70, ripiegata sulla ricerca di sé nel decennio successivo. Attore monumentale nella sua naturalezza, capace come pochi di mutare registro tra il comico e il drammatico con una semplice smorfia e un battito di ciglia, Ugo Tognazzi ha saputo costruirsi protagonista giocando sempre da coprotagonista, usando il registro dell'understatement anche quando faceva il mattatore, dipingendosi come uomo normale, sempre in prima fila nel prendere in giro se stesso e l'italiano medio. Sempre, salvo quando troneggiava in cucina dove non tollerava critiche e cercava la perfezione, guardando alla tavola come al palcoscenico in attesa dell'applauso liberatore. Figlio di assicuratore, crebbe da girovago fino a ritornare nella sua Cremona (dov'era nato il 23 marzo 1922) da adolescente, a 14 anni, cementando un legame che avrebbe coltivato per tutta la vita, dividendo perfino la passione calcistica tra il Milan (per lui "mamma, fidanzata, moglie") con la Cremonese ("L'amante") dell'amico-presidente Domenico Luzzara, suo primo compagno di palcoscenico. In teatro esordì, inconsapevole, a soli 4 anni al teatro Donizetti di Bergamo, ma alla sua verve comica doveva la possibilità di evitare la prima linea durante il servizio militare, quando per tutta la guerra fu assegnato a spettacoli per risollevare il morale della truppa, compresa la breve parentesi in marina ai tempi della Repubblica di Salò. Assunto come ragioniere al salumificio Negroni, lo lasciò nel 1945 per una serata dei dilettanti al Teatro Puccini di Milano, Lì venne notato e ingaggiato dalla compagnia di Wanda Osiris per far coppia con Walter Chiari e cinque anni dopo debuttava al cinema con "I cadetti di Guascogna" di Mario Mattoli. La svolta venne l'anno dopo con l'incontro con Raimondo Vianello, la scoperta della tv. Aveva già fatto tutta la gavetta sui set di commedie e farse quando, dopo il licenziamento in tronco dalla Rai nel 1959 per una gag che alludeva al Presidente Gronchi, scelse definitivamente il cinema. La svolta coincide con "Il federale" del 1961 diretto da Luciano Salce e poi con "La marcia su Roma" di Dino Risi: due successi popolari che ne fanno un autentico antidivo e gli aprono le porte di Cinecittà. Nel '63 comincia il suo sodalizio con Marco Ferreri ("L'ape regina"), nel '64 partecipa al trionfo de "I mostri", nel '65 giganteggia in "Io la conoscevo bene" di Antonio Pietrangeli, nel '67 dirige il suo film più ambizioso, "Il fischio al naso" dalla novella di Buzzati. Da lì in avanti la sua carriera sarà in costante ascesa: basti ricordare gli eccessi de "La grande abbuffata", la trilogia di "Amici miei" e il sodalizio umano e artistico con Mario Monicelli, il trionfo anticonformista de "Il vizietto", le collaborazioni con Pasolini ("Porcile"), Scola "Il commissario Pepe"), Luigi Magni ("Nell'anno del Signore"), Luigi Comencini ("L'ingorgo"), Alberto Bevilacqua ("La califfa"), Bertolucci. Quattro figli da tre compagne (Pat O'Hara, Margarete Robsahm, l'adorata moglie Franca Bettoja), Ugo Tognazzi era un uomo fedele: legatissimo a Luciano Salce, Marco Ferreri, Dino Risi, Mario Monicelli, ha avuto in Raimondo Vianello (prima) e Vittorio Gassman (dopo) i più grandi complici. Tanto che Alessandro Gassmann, cresciuto a sua volta anche nella "tribù" dei Tognazzi, ricorda esilarato le gare tra i due per ingrandire e popolare le rispettive cucine nelle case di Velletri, sorte l'una a fianco all'altra e progressivamente ingrandite in una gara al primato che coinvolgeva tutti gli amici comuni. Del resto fino alla fine Gassmann&Tognazzi (nati nello stesso anno) vissero quasi in simbiosi, colti entrambi dalla depressione sul crinale della maturità. In loro rivive un'Italia della memoria che è anche spettacolare fotografia delle radici dell'oggi. Nasce Franco Battiato nato il 23 marzo del 1945 a Jonia. Gli italiani hanno ascoltato per l'ultima volta la sua voce durante Sanremo 2020, grazie a Colapesce e Dimartino che, nella serata delle cover, hanno interpretato "Povera Patria", dando spazio alla voce del Maestro che ha sempre svolto un ruolo di affettuoso nume tutelare per le nuove generazioni di artisti siciliani. È stato un artista unico che sfugge alle definizioni, uno studioso dagli orizzonti amplissimi che sapeva praticare l'arte della canzone pop ma che, grazie alla sua cultura dai vasti orizzonti, usava linguaggi e riferimenti diversissimi, sia in campo musicale che in altre forme di espressione artistica, come il cinema, la pittura, l'opera. Un verso della sua canzone ‘Bandiera bianca’ recita così: “Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare quei programmi demenziali con tribune elettorali”.