ANTONELLA COPPARI
Cosa Fare

Tormenti democratici Calenda in pressing "I riformisti lascino il Pd" E dice no alla piazza

Il leader di Azione presenta i nuovi ingressi in Liguria e gela Schlein. I dirigenti dem assicurano: "Lavoriamo per evitare altre fuoriuscite".

Tormenti democratici  Calenda in pressing  "I riformisti lascino il Pd"  E dice no alla piazza
Tormenti democratici Calenda in pressing "I riformisti lascino il Pd" E dice no alla piazza

di Antonella Coppari

Galvanizzato dai sondaggi che lo danno in crescita e dai nuovi ingressi nella sua Azione sia dai porti del Pd che da quelli di Italia viva, Carlo Calenda lancia in pompa magna il suo appello alla minoranza democratica: "Se domani i riformisti del Pd, invece di stare dentro dicendo ‘non siamo d’accordo ma aspettiamo il prossimo cambiamento del segretario’, trovano il coraggio di costruire un partito veramente riformista, repubblicano e liberal-democratico, saremo un pezzo avanti". Non che ci speri davvero, anzi: a porte chiuse chiunque nel suo partito è pronto a scommettere che tra i riformisti, almeno quanto a nomi pesanti, prima delle Europee non si sposterà nessuno. L’appello lanciato da Genova, presentando due new entry, ha altri scopi: segnalare una presenza combattiva agli elettori, adoperarsi per raccogliere voti come Emmanuel Macron l’ha esortato a fare nell’incontro all’Eliseo (in compagnia dei renziani) a inizio estate, ma anche porre le basi per eventuali manovre future.

Già perché se fino alle Europee ai piani alti del Pd non si muoverà niente, dopo la musica potrebbe cambiare. La ferita inflitta a quelli "che hanno sbagliato indirizzo" non è rimarginata. Dice Piero De Luca, ex vice capogruppo dei deputati democratici: "Sicuramente a Ravenna Elly ha lanciato un segnale positivo, noi non lasciamo il partito ma il pluralismo va praticato nell’azione quotidiana e nel confronto interno". Gli fa eco Piero Fassino: "È apprezzabile il cambio di toni, però ora servono atti concreti". In realtà, i moderati del Pd sono convinti che l’obiettivo della segretaria e forse ancor più del suo gruppo dirigente sia fare piazza pulita di quel "vecchio partito" considerato alla stregua di una bad company. Nel giro della segretaria smentiscono sdegnati: "Abbiamo teso una mano e continueremo a lavorare per evitare altre fuoriuscite". Ma nel concreto confermano la strategia: "Elly è connessa con la base". D’accordo Pier Luigi Bersani: "Schlein deve fare una bella discussione interna chiedendo a chi solleva problemi se parlare di questione salariale, sanità, progressione fiscale, cessate il fuoco in Ucraina e questione climatica è troppo da radicali e di sinistra. Se lo è, ci riposiamo".

La questione, cioè, non riguarda solo le modalità carenti di democrazia interna ma anche la linea politica e l’appeal nei confronti del corpo elettorale. Il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, lo dice chiaramente: "Sono un uomo di sinistra e sono orgoglioso di quella storia, però ci sono milioni di italiani che non si definiscono di sinistra ma non vogliono andare a destra. Non ci basta il 20%". Non è sfuggita a nessuno l’assenza di quasi tutti i dirigenti, compresi quelli ’schleiniani’ al comizio finale della Festa dell’Unità, ma Elly è decisa a tirare dritto e ha già in programma, dopo la campagna vincente sul salario minimo, una nuova offensiva "unitaria" su un tema altrettanto popolare: la sanità, materia su cui oggi è previsto un incontro con Azione.

Insomma, le schermaglie proseguiranno sino alle Europee. Un successo netto blinderebbe la segretaria, una sconfitta secca le costerebbe il posto. Solo che nessuna delle due eventualità è probabile: la previsione più gettonata al Nazareno è quella via di mezzo tra il 19 e il 22% che non permetterebbe di parlare né di successo né di insuccesso. La partita rischia di giocarsi con le amministrative nell’election day e poi nelle Regionali. Il problema del Pd appare quello di sempre: una coalizione che non c’è e non ci può essere perché mezzo partito non accetterebbe una sterzata drastica in direzione dei Cinquestelle e l’altro mezzo insorgerebbe di fronte a una svolta centrista. L’unica chance è il campo largo. E purtroppo per Elly si tratta di un campo minato. Come dimostra lo scarso entusiasmo delle altre opposizioni per la mobilitazione di piazza annunciata domenica. M5s, Verdi e SI sono freddi, netto Calenda: "Noi non ci saremo".