Vichi
Cosa è il nome di ristò… Battibecco? Che vuole dire?”
“Hai presente marito e moglie che litigano per qualcosa di stupido, come le galline? Ciccicciciccì…” disse il cuoco, mimando un battibecco con la punta delle dita di tutte e due le mani.
“Ah sì, capito… buffo…” Fatima sembrava di buon umore, e vederla ridere era un regalo per gli occhi.
“Adesso cosa farai? Dove sono i tuoi genitori?”
“Loro rimasti Algeria, io qua sola… clandestin…”
“Dio mio, e come fai?”
“Non so… Dio mi aiuterà…”
“Hai ancora fame?” chiese Claudio. Lei annuì.
“Posso fare cosa di mio Paese?”
“Va bene, cosa ti serve?”
“Ti dico…” La ragazzina tirò fuori un cellulare con il vetro mezzo rotto e fece vedere al cuoco gli ingredienti… Semola di cous cous, zafferano, peperoncino, zucca, polpa di pomodoro, zucchine, cipolla, patate, ceci, prezzemolo…
“Vediamo, dovrei avere tutto” disse Claudio, e uno dopo l’altro posò dopo gli ingredienti sul bancone.
“Poco tempo e faccio” disse la ragazzina.
“Ecco un grembiule.” Il cuoco glielo legò alla vita e tornò alle sue occupazioni. La ragazzina si diede da fare, seria seria. Claudio la osservava e si struggeva di tenerezza… nello sguardo di Fatima si coglieva la storia antica del mondo, con le sue sofferenze e le sue sfide per la sopravvivenza. Due lievi infossature sulla fronte parlavano di preoccupazione e di speranza. La ragazzina continuò a cucinare senza guardarsi intorno, e dopo poco più di mezz’ora il cous cous era pronto.
“Tu volere mangiare?”
“Certo che sì” disse il cuoco.
“Spero fatto buono.” Si misero a mangiare seduti, e Claudio sgranò gli occhi.
“Buonissimo, sei proprio brava.”
“Imparare da nonna e da mamma.”
“Si dice… Ho imparato da mia nonna e da mia mamma.”
“Ah, merci…”
“Senti un po’, riusciresti a fare un cous cous così buono per molte persone?”
“Je peux essayer… Posso provare…”
“Sai fare anche altre ricette?”
“Oui, certo…”
“Mi è venuta un’idea…” In quel momento sentirono bussare alla vetrata della sala del ristorante. Il cuoco andò ad affacciarsi e vide due agenti di polizia che gli facevano cenno di aprire.
“Arrivo subito, vado a lavarmi le mani” gridò il cuoco, e tornò di corsa in cucina. Appena la ragazzina lo vide con quella faccia si spaventò.
“Chi è?” chiese.
“Ssst, fai piano… è la polizia…”
“Cercare me… ma io non voglio andare…”
“Aspetta… nasconditi qua sotto e non ti muovere… vediamo cosa vogliono…” Aprì uno sportello di ferro e la ragazzina s’infilò in mezzo alle pentole. Claudio tornò nella sala e si disegnò sulla faccia un bel sorriso.
“Eccomi…” Aprì la porta e i due poliziotti entrarono.
“Buongiorno… Stiamo cercando una clandestina africana che si aggira nella zona, lei ha visto
qualcosa?”
“No, sono chiuso in cucina dalle dieci.”
“Senti che profumino” disse uno degli agenti, dirigendosi verso la cucina.
“Posso offrire qualcosa?”
“Molto gentile, ma purtroppo siamo in servizio… Bello questo ristorante… Possiamo dare un’occhiata?”
“Prego…” disse il cuoco, fingendosi tranquillo.
“Battibecco… Non sembra un posto dove si viene per litigare…” commentò un agente.
“In effetti qui si viene per stare bene” disse il cuoco, seguendo i poliziotti che si aggiravano in mezzo ai tavoli.
“Possiamo vedere la cucina?”
“Certamente” disse Claudio sudando freddo, guidandoli verso il suo regno… Bastava che Fatima starnutisse e lui avrebbe passato dei guai. Mentire alla polizia… porca miseria… Nascondere una clandestina minorenne…
“Guarda qua che bella… pulitissima…” disse uno degli agenti.
“Complimenti, bel ristorante… Ci voglio portare mia moglie, sperando che non venga fuori un battibecco…” disse l’altro, ridendo. Il cuoco non vedeva l’ora che se ne andassero, il cuore gli batteva come un ramaiolo in una pentola. “Sarete i benvenuti” disse, senza più saliva… e quando si sentì un rumore provenire dal nascondiglio di Fatima, fece fatica a non svenire. Andò ai fornelli e si mise a fare rumore con padelle e coperchi, con aria indaffarata. I poliziotti capirono la situazione.
2-continua