
I pidocchi e il Granduca. La grande epidemia di tifo del 1620 che mise in ginocchio Firenze. E le autorità pensavano a litigare
Il professor Carlo M. Cipolla, dell’università di Berkeley (California), insegna adesso a Firenze (San Domenico) all’università europea. Dopo essersi occupato più volte, in passato, delle questioni relative alla convivenza sociale e alle condizioni sanitarie delle popolazioni europee, il professor Cipolla ha scritto "I pidocchi e il Granduca", il volume che l’editore II Mulino invia in libreria in questi giorni. Eccone, per gentile concessione dell’autore e dell’editore, alcuni brani.
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Quando il 17 dicembre 1620, di fronte alla dilagante morbilità e alla crescente mortalità, il Magistrato si raduna per decidere il da farsi, "ha vuto vari discorsi sopra questo negotio decise per alcune direttive d’azione alle quali si attenne poi tenacemente nei mesi che seguirono. Le direttive su cui ci si accordò si articolavano essenzialmente in tre punti: a) cercar di evitare il collasso del servizio ospedaliero; b) per diminuire la pressione sulle strutture ospedaliere, organizzare un servizio gratuito di prestazioni mediche e farmaceutiche a domicilio; c) cercare di migliorare le condizioni igieniche dell’ambiente urbano. Questi tre punti verranno illustrati separatamente per necessità d’esposizione, ma importa sottolineare che i tre punti in questione erano intimamente collegati e facevano parte di un unico piano. Nell’epoca di cui si tratta la gente benestante si curava in casa. Gli ospedali esistevano solo ed esclusivamente per i malati poveri. Quando però capitava un’epidemia di tifo o di peste, per via dei pidocchi, dei topi e delle pulci i più colpiti erano proprio i ceti poveri e di conseguenza le strutture ospedaliere venivano messe a dura prova: in genere si dimostravano paurosamente inadeguate e scoppiavano. Capitò anche a Firenze che pur contava in Santa Maria Nuova un ospedale modello, uno dei migliori dell’Europa del tempo. Già il 17 dicembre 1620 il Magistrato osservava "che sia necessario di provvedere che nello spedale di Santa Maria Nuova non concorra così gran numero di malati come giornalmente si vede che vi concorre in tal maniera che si può dir quasi che vi siano malati a monti". Il tifo s’era sparso non solo per la città ma anche per la campagna e "nel detto spedale di Santa Maria Nuova non solo concorrono malati della città ma ancora malati di fuori. Il 18 dicembre lo Spedalingo di Santa Maria Nuova fece aprire d’urgenza una "aggiunta" per le donne con trentasei nuovi letti e un altare dedicato ai SS. Cosimo e Damiano. Ma a fronte della marea dei malati questa e simili misure restavano palliativi inadeguati. Per ovviare al sovraffollamento di Santa Maria Nuova il Magistrato propose come s’è già detto - di organizzare un servizio medico e farmaceutico a domicilio. Propose inoltre che "gli infermi di fuori" invece di affluire a Santa Maria Nuova fossero convogliati agli spedali delle Pendici che erano piccoli edifici sprovvisti praticamente di ogni cosa tanto che si ritenne che "i medicamenti et altri sussidi necessari" fossero forniti pur sempre da Santa Maria Nuova "et altri spedali della città che habbino commodità per ciò fare". Ma anche questo provvedimento non bastò. A fronte dell’incalzare
dell’epidemia, dieci giorni dopo, il 28 dicembre, il Magistrato decise di aprire agli ammalati di petecchie anche le porte degli ospedali di Bonifazio e di S. Matteo.
(...)
Le conseguenze erano visibili a tutti: questi poveri afflitti e malconci dallo stento et dal male andando in Santa Maria Nuova et altri spedali, non sendo medicati con diligentia et nel mondo che conviene et con tempo opportuno, si sono partiti più indisposti che quando vi andorno".
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Soggiungeva il Magistrato non senza una punta di malizia: di tutto questo ne diamo conto a Vostra Altezza Serenissima in conformità del rescritto del di 13 del corrente per il quale commanda che quando occorra che lo spedalingho di Santa Maria Nuova habbia a fare qualcosa ne diamo
conto a Sua Altezza. Lo Spedalingo temporeggiava mentre il Magistrato era deciso a non mollare...