Don Lorenzo Milani e padre Ernesto Balducci, entrambi profeti del nostro tempo. Pur nella diversità delle forme in cui il loro messaggio si è esplicitato, due temi, su tutti, li hanno accomunati: l’amore per i poveri e l’impegno per il loro riscatto sociale, umano e culturale. Per riuscirci, puntavano sulle parole, intese come strumenti di coscienza e conoscenza, formazione ed emancipazione, e soprattutto di libertà, ieri come oggi.
Suona dunque significativo e profetico il titolo del Quaderno speciale realizzato dalla rivista "Testimonianze" nell’ambito delle iniziative della Festa della Toscana: "Dalla parte degli ultimi. Lorenzo Milani ed Ernesto Balducci: attualità di una lezione". Una pubblicazione che ripropone buona parte dei testi e delle riflessioni che Balducci ha scritto, nel tempo, sulla figura e l’esperienza del priore di Barbiana. Un lavoro che è stato presentato e discusso ieri alle Murate dal saggista e studioso Aldo Bondi insieme alla storica e scrittrice Emma Fattorini, alla presidente della Commissione cultura del Consiglio regionale, Cristina Giachi e al direttore di "Testimonianze" Severino Saccardi. "Le testimonianze balducciane ci consentono di vedere Don Milani sotto una luce autentica e realistica – sottolinea Cristina Giachi -. E individuano due interessanti argomenti: innanzitutto l’importanza rivestita dalla parola, dal dominio cioè del linguaggio. Il grande sforzo coi ragazzi di Barbiana fu appunto quello di lavorare sulla lingua, che era un modo per consegnare loro il potere di dominare la realtà. L’altro tratto che emerge dalla lettura balducciana è la provocazione lanciata da Don Milani, che non è prettamente politica: l’essere capaci di suscitare un cambiamento dell’ordine vigente. È interessante come questo volume presenti l’intreccio tra due figure differenti quali erano padre Balducci e Don Milani, che avevano però in comune il pensiero di una ricostituzione dell’umanità fatta dagli ultimi".
Don Milani, pur facendo scuola ai figli dei contadini e dei pastori col mappamondo, riteneva si potesse amare concretamente solo il prossimo "più prossimo", come i suoi quaranta montanari o i poveri ragazzi che la Provvidenza gli aveva affidato nel suo ‘esilio’ a Barbiana. Balducci invece in questo era diverso, perchè tendeva a spingere lo sguardo lontano. E infatti viene identificato coi temi del suo libro più famoso: "L’uomo planetario". Si sentiva un "uomo del mondo", pur rimanendo legato alla sua Badia Fiesolana, ai suoi libri e alla rivista "Testimonianze" da lui fondata nel 1958.
Maurizio Costanzo