Boldi attacca: "Non mi dimetto, sfido Ghinelli in Tv, orafi traditi da pochi industriali"

Il presidente di Arezzo Fiera decide di restare. Accusa Giordini, "ha rotto l'unità delle imprese e i loro interessi, la linea di Ivana Ciabatti lo dimostra"

Andrea Boldi

Andrea Boldi

Arezzo, 12 gennaio 2019 - Spara a  zero il presidente di Arezzo Fiere Andrea Boldi, attacca il sindaco, gli chiede un confronto pubblico, accusa Giordana Giordini, leader di Federorafi aretina. E annuncia che non ha alcuna intenzione di fare passi indietro, «resto qui, non mi dimetto, ho un compito da portare a termine e una responsabilità da cui non intendo retrocedere».

Liquida, in altre parole, lo scenario che pareva delinearsi, quello cioè di una sua uscita di scena in occasione dell’assemblea dei soci del 30 gennaio, propedeutica a una chiusura della trattativa con Ieg per la cessione delle fiere orafe, magari superando il termine ultimo della proposta irrevocabile d’acquisto. Ma Boldi non ci sta, ha mal digerito la nota con la quale Giordini riepilogava il contenuto della riunione in Confidustria degli imprenditori orafi: «La sede - dice - si è prestata a piegare l’interesse delle aziende a esigenze politiche».

L’antefatto, spiega, starebbe «in una riunione ’carbonara’ precedente a quella in Confidustria, alla presenza tra gli altri della stessa Giordini, dell’assessore Merelli e di un rappresentante del gruppo Chimet-UnoAerre». Una «mezza cordata», la definisce Boldi, all’interno di 1300 aziende orafe. Ed è qui, nella sua ricostruzione, che sarebbero stati delineati i contorni della successiva riunione in Confindustria, evitando «alcun tipo di contatto fra me e il sindaco Ghinelli che infatti è arrivato pochi minuti dopo la mia uscita».

Ulteriore elemento, aggiunge, la trasmissione Caffè Bollente su Etruria nella quale i partecipanti hanno «voluto interrompere un percorso volto all’unità». Va detto peraltro che lo stesso Boldi era stato invitato, «ho detto di no perché volevo stare in silenzio lavorando per il bene delle fiere».

A rompere l’unità, insiste ancora, «è stato purtroppo un ristrettissimo gruppo di aziende orafe, che, ancora oggi, alle soglie del 2020, ha la pretesa di determinare e governare l’intero settore senza in alcun modo condividere e ricercare la unione con le altre 1200 aziende».

Il tutto «per contrastare, e non so perché, una cessione anticipata che era statuita nel contratto originario. Nella proposta di acquisto non c’è nulla di nuovo rispetto a ciò che già si sapeva. E sono pronto a dimostrarlo».

Come? «In un confronto pubblico col sindaco, magari sempre a Caffè Bollente e vedrete che smonterò ogni argomentazione contraria». Insomma, una sorta di resa dei conti in tv, «per far capire agli orafi e agli aretini come stanno le cose».

Tanto più, argomenta Boldi, che pure «il comunicato di Giordini è infedele rispetto ai contenuti della riunione». E rimarca la posizione di Ivana Ciabatti, presidente di federorafi nazionale che «si è espressa in modo netto e senza indugi sulla necessità di aggregazione, rappresentando la posizione dell’intera associazione che a livello nazionale preme per questo esito».

Non replica Giordana Giordini: «No comment, non rispondo a Boldi che mi sta pure simpatico. Vale quello che ho scritto nella nota ufficiale in cui ho rappresentato il sentire di Confindustria, associazione forte e compatta».