Prada, Green Pass "quasi" obbligatorio per lavorare ma i sindacati non ci stanno

Dal 6 settembre carta verde, certificato di guarigione o tampone. Ma Cgil-Cisl-Uil: sì alla vaccinazione di massa, non si può oltrepassare però la normativa nazionale

Patrizio Bertelli

Patrizio Bertelli

Arezzo, 26 agosto 2021 - Green pass per i lavoratori di Prada o, in subordine, tampone settimanale pagato dall’azienda ma comunque «nel rispetto delle normative vigenti e delle scelte individuali in tema di vaccinazione». Il colosso della moda, che solo nell’Aretino impiega oltre 2mila lavoratori, spinge sull’acceleratore – come stanno facendo gli industriali che chiedono l’obbligatorietà della vaccinazione – ma incassa il segnale di arresto del sindacato. Filctem Cgil e Femca Cisl chiariscono subito: «Sì alla vaccinazione di massa ma per il Green pass occorre una norma nazionale. Ciascuna azienda non può decidere autonomamente», «senza sostituirsi ad altri soggetti, in primo luogo quelli istituzionali».

.La polemica sul tema che sta scuotendo il Paese è stata innescata dalla comunicazione inviata direttamente dal dominus Patrizio Bertelli «a tutti i lavoratori» delle sedi di Milano, Valdarno e San Zeno per disciplinare l’ingresso in fabbriche e uffici a partire dal 6 settembre e cosi andando oltre la faq del ministero sulle mense aziendali. E pur chiarendo che il provvedimento è assunto «nel rispetto delle scelte individuali» e delle «normative vigenti» – che come noto allo stato non hanno reso obbligatoria la vaccinazione e quindi il Green pass nei luoghi di lavoro – ’subordinano’ l’ingresso al possesso del documento o, «per coloro che ne siano sprovvisti» all’effettuazione di tampone su base settimanale.

Non solo nella comunicazione viene chiarito che il medico aziendale avvierà la raccolta dati sulle vaccinazioni «per verificare il livello di immunizzazione» e la «quantità di tamponi necessaria settimanalmente». Dopo una giornata ad alta tensione in serata un comunicato del Gruppo Prada ha chiarito che sin dalla ripresa dell’attività, dopo il lockdown di marzo-aprile 2020 la governance ’ha messo in atto stringenti misure per contrastare la diffusione del contagio’.

Nella nota si sottolinea come ’tra i primi in Italia, in raccordo con le strutture mediche aziendali e ospedaliere, il Gruppo ha attivato tutte le misure di prevenzione e protezione, come la rilevazione della temperatura in ingresso, la riorganizzazione dei lay-out interni, la distribuzione giornaliera di 2 mascherine ai dipendenti’ e ’gli screening con test sierologici a oltre 4mila persone’, avviando inoltre il tracciamento, dallo scorso autunno, con tamponi rapidi. «In questa fase della pandemia, il Gruppo ritiene che la campagna vaccinale sia decisiva per superare l’emergenza sanitaria e creare condizioni di lavoro sicure in un ambiente protetto. In questo senso, il Green pass può essere accolto all’interno dell’azienda come una tutela, uno strumento di sicurezza per i lavoratori».

In serata Cgil e Cisl hanno replicato: «Le organizzazioni sindacali non condividono né il metodo, né la forma del comunicato aziendale e si riservano di valutare nei prossimi giorni eventuali iniziative». «Dipendenti e sindacati sono in prima fila nel sostenere la massima diffusione della vaccinazione – scrivono – siamo convinti che ognuno debba fare la sua parte senza però sostituirsi ad altri soggetti, in primo luogo quelli istituzionali. L’accesso al lavoro in base al green pass debba essere regolamentato per legge. Non è possibile che questo delicato tema sia affidato discrezionalmente ad ogni singola azienda. Il sindacato si farà garante della piena applicazione delle normative, senza discriminazione di alcun lavoratore».

Eri.P.