Morì sotto un pilone nel cantiere al palaffari: in nove condannati a 1 anno e 4 mesi

La sentenza del giudice Lombardo più dura delle richieste del pm. L'incidente è del 2009, la vittima si chiamava Vincenzo Spiniello

Il cantiere della tragedia

Il cantiere della tragedia

Arezzo, 22 marzo 2018 - Un operaio morì schiacciato da un pilone mentre mangiava in pausa pranzo e ora otto persone sono state condannate  a un anno e 4 mesi per omicidio colposo dal tribunale di Arezzo a quasi nove anni dal fatto, che risale al 30 luglio 2009.  

Vincenzo Spiniello, operaio casertano, morì il 30 luglio 2009, travolto dal crollo di un pilastro durante i lavori di costruzione del Palaffari. Quasi un caso esemplare di giustizia lumaca. Basti dire che tre anni e mezzo se ne erano andati perchè il Gip rinviasse tutti a giudizio, il 24 gennaio 2013. Poi ne sono serviti altri cinque per effettuare il processo di primo grado, che è passato vorticosamente da un giudice all'altro, finchè non è approdato nell'aula del giudice Fabio Lombardi, che finalmente è riuscito a completare l'istruttoria. A gennaio  le richieste di pena del pm  Niccacci: da sei mesi (fra gli altri per i due professionisti aretini accusati) a un anno.  La prescrizione non è ancora dietro l'angolo, ma se i tempi sono questi difficile che si arrivi in fondo, fra eventuali appello e cassazione.

A suo tempo Il Gip Giampiero Borraccia non aveva risparmiato nessuno: tutti coloro che erano imputato per il tragico infortunio sul lavoro erano stati rinviati a giudizio: ingegneri, titolari della ditta appaltante e di quelle subappaltanti. Vincenzo era in pausa e forse stava cercando soltanto un po’ d’ombra al riparo dalla canicola di fine luglio. Proprio sotto il pilone di cemento nello scavo di collegamento da cui si staccò un pezzo di calcestruzzo magrone che lo uccise sul colpo.  Per la morte di Vincenzo Spiniello, carpentiere di 59 anni originario della provincia di Avellino e residente nel Casertano sono a processo  l’ingegner Piero Bracciali, aretino, direttore dei lavori, e il collega Alessandro Fei, pure lui aretino, coordinatore per la sicurezza del cantiere. Entrambi  difesi dagli avvocati Piero Melani Graverini e Mauro Petruccioli.

Imputati poi Massimo Peresso, datore di lavoro della «Claudio Salini Spa», Federico Fernicola, direttore del cantiere Claudio Salini e Maurizio Filipponi, capocantiere della Claudio Salini, tutti assistiti dall’avvocato romano Vincenzo Geraci. È toccata poi ai due titolari della ditta di carpenteria (la Costruzioni generali Miniscalco) per la quale lavorava Spiniello: Sandro ed Elio Miniscalco. E non si sono salvati i soci dell’altra ditta, la Csd Srl, cui era stato supappaltato lo scavo: sono Livio e Clotide De Sanctis, aquilani, difesi dagli avvocati Chiara Capobianco, Arturo Messere e Tiberio Baroni.

In base all’accusa formulata all'epoca dal pubblico ministero Alessandra Falcone (nel frattempo trasferitasi a Firenze) lo scavo sarebbe stato effettuato senza rispettare le norme di legge, in particolare con una pendenza superiore a quella prevista di 65 gradi (oscillava tra 75 e 90) e senza le armature di protezione che avrebbero dovuto impedire gli smottamenti del terreno, in mancanza dei quali il blocco di magrone non si sarebbe probabilmente staccato dalla sua base.

L’inosservanza delle regole sarebbe stato generale e avrebbe coinvolto l’impresa costruttrice, la Claudio Salini di Roma, uno dei colossi dell’edilizia nazionale, ditte subappaltanti e direzione dei lavori. Inquietanti gli scenari prospettati dalla perizia tecnica dell’ingegner Salvatore Lo Presti, decisamente contestati dalle difese.

Il consulente scrive che «il lavoratore, stando al di sotto del plinto, si trovava in una zona particolarmente pericolosa a svolgere un’attività lavorativa. Tale area, essendo soggetta a pericoli di smottamento e crolli, avrebbe dovuto essere interdetta ai lavori se non prima adeguatamente protetta». Insomma, Spiniello stava sostando in una zona senza sicurezza.

Al proposito, Lo Presti afferma che: «Non sono state adottate le misure di prevenzione obbligatorie a protezione delle pareti dello scavo. Nessuno dei soggetti preposti ha provveduto ad adottare idonei provvedimenti atti ad impedire che venissero effettuate lavorazioni all’interno delle aree non protette dallo scavo e al di sotto del manufatto preesistente».

Quel 30 luglio 2009 quando la base del pilone cadde improvvisamente Vincenzo Spiniello, 59 anni, rimase con una gamba intrappolata sotto il manufatto. Gli altri colleghi di cantiere, quando sentirono il boato, si adoperarono per aiutarlo, con una gru presente in zona si tentò di alzare il lastrone di cemento armato. Ma l’uomo aveva anche perso conoscenza nell’incidente: quando arrivarono gli uomini del 118 insieme ai vigili del fuoco che lo liberarono definitivamente poi tentarono di rianimarlo. Ma i tentativi di stabilizzarlo per poi portarlo in ospedale furono vani, nel giro di una manciata di minuti l’operaio morì.

La sentenza di condanna è del giudice Fabio Lombardo. Motivazioni entro 90 giorni. I difensori annunciano ricorso in appello