L’eredità di don Sante Felici. I fossili salvati in un museo. La storia studiata dagli alunni

Un’associazione ricorda e porta avanti l’opera dell’Indiana Jones di Farneta

L’eredità di don Sante Felici. I fossili salvati in un museo. La storia studiata dagli alunni

L’eredità di don Sante Felici. I fossili salvati in un museo. La storia studiata dagli alunni

Sono passati 60 anni dal giorno in cui, con i rinvenimenti fossili e le relative campagne di scavo nelle cave di sabbia del Chjùcio, cominciò a Farneta l’avventura paleontologica di don Sante Felici, ben presto definito dalla stampa l’Indiana Jones della Valdichiana.

A ricordarlo, con affetto immutato, è l’associazione degli Amici del Museo Fatto in Casa che da anni ha raccolto la sua eredità e la tramanda nel tempo. Don Sante è morto nel 2002, ma l’associazione ha visto la luce nel maggio del 2001 proprio con lo scopo della salvaguardia, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio museale e letterario da lui raccolto e prodotto grazie alla sua tenacia. Oggi la sua eredità è stata trasformata in un museo. Sorge nei pressi dell’Abbazia di Farneta ed è ospitato nella ex scuola elementare. La collezione è il frutto di una faticosa ricerca di cimeli rinvenuti negli anni. Le testimonianze paleontologiche, infatti, furono raccolte e selezionate durante la costruzione dell’autostrada A1. Anche le cave di sabbia, scavate per realizzare la linea ferroviaria, portarono alla luce molti fossili del museo. Tra le testimonianze raccolte nel libro "Don Sante Felici e la sua terra: le Raccolte Paleontologiche", ripresa per questo anniversario dall’associazione, c’è quella di Annalisa Berzi che all’epoca del primo ritrovamento di resti fossili di un elefante a Farneta nel 1963 era conservatore incaricato del Museo dell’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze. "Don Sante era un ‘piccolo’ abate impolverato – racconta la Berzi - molto convinto della sua missione di religioso, con un grande amore per la sua gente e per la sua terra e molto ligio ai suoi doveri, ricco di curiosità e di entusiasmo per tutto ciò che lo circondava. Un uomo che anche per la storia della paleontologia della Toscana ha avuto indubbiamente un grande ruolo".

Tra i fossili conservati al museo cortonese, oggi visitato anche da tantissime scolaresche, ci sono i resti di animali che abitavano in ambienti caldi. Lo stesso habitat che caratterizzava Cortona e l’Italia nel Pleistocene Inferiore, cioè milioni di anni fa. Si possono così ammirare i resti del Mammuthus meridionalis vestinus, con un’altezza stimata di circa 3,5 metri. O quelli appartenuti un tempo a rinoceronti, cervi e ippopotami.

Laura Lucente