Ceci, sardine, gallina: tornano i cibi "poveri"

Viaggio nei mercati, fra clienti a caccia di offerte e ricette contro i rincari. Gli ambulanti: "Anche noi siamo vittime dell’inflazione"

Clienti tra i banchi del mercato

Clienti tra i banchi del mercato

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Milano - La riscoperta del pesce azzurro, il ritorno dei legumi, la riscossa delle patate. Anche al mercato di viale Papiniano (un centinaio di bancarelle solo per gli alimentari) si avvertono gli effetti sui consumi per l’inflazione che colpisce il carrello della spesa oltre ai beni energetici. Secondo l’Istat a marzo l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dell’1% su base mensile e del 6,5% su base annua. Su base tendenziale accelerano i prezzi dei beni alimentari lavorati (da +3,1% di febbraio a +3,9%) e non lavorati (da +6,9% a +8%). Spesso, secondo gli ambulanti, la spirale dei rincari parte all’ingrosso. "I fagiolini e piselli che rivendo a sei euro al chilo costano 5 euro all’ortomercato anche se sono verdura di stagione. Mai così cari. Colpa della siccità dei mesi scorsi", spiega l’ambulante Magdi Abdelhadi. Il suo consiglio ai clienti per difendersi dal carovita è "puntare sulle carote, a 1,50 al chilo, o sulle patate, a un euro. Per arance o mele di dimensioni più piccole dello standard basta 1,50 euro".

Le fragole a sei euro al chilo invece non sono a buon mercato. "Ma è il prezzo in origine ad essere alto", si difende. Al banco pescheria la febbre dei prezzi sale. "Il salmone ha ormai un costo stratosferico anche al mercato generale, a causa dei rincari dei trasporti dalla Norvegia. In pochi mesi la sua quotazione è salita da 12 euro a 25 euro al chilo", chiarisce l’ambulante Max Bianchi. Rientrata la protesta dei pescherecci, "il pesce più a buon mercato rimane quello "povero" nazionale, il più richiesto in questo periodo". I cartelli indicano le sardine a cinque euro per due chili, e gli sgombri a sette euro (due chili). Si risparmia (ma non troppo) con la carne bianca. "Anche il pollo ha subìto un rincaro e non per l’incremento della domanda ma per carenza di offerta, a causa dei focolai di influenza aviaria dei mesi scorsi", afferma Michele Rota, pollivendolo. Qui il petto di pollo costa 9,99 al chilo ma si trovano anche le ali a 1,99 euro e le zampe di gallina a 99 centesimi, "molto richieste fra la clientela cinese e filippina per la preparazione del brodo. Sono considerate un ottimo ricostituente per le ossa".

Una valida alternativa alla carne sono i legumi. "Ceci, fagioli, lenticchie sono un’ottima fonte di proteine, non hanno subito fluttuazione di prezzi – costano intorno a 3 euro al chilo - e hanno la virtù di conservarsi per due anni", l’elogio del venditore Giuseppe Castelli. Con altre referenze però non è successo lo stesso: "Le albicocche secche sono passate da 10 a 13 euro al chilogrammo perché c’è stato un ritocco in poco tempo di 3 euro in più dal fornitore: un’enormità che spinge la clientela a rinunciare all’acquisto o a una grammatura inferiore" spiega il commerciante. "C’è chi arriva a chiedere cinquanta grammi di prosciutto", conferma la tendenza Giorgio Locatelli dal banco di salumi e formaggi. L’affettato meno caro rimane la mortadella (a 10 euro al chilo), fra i formaggi la ricotta (a 6,99 euro al chilo). "Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina ogni volta che andiamo a fare rifornimento c’è un nuovo ritocco ai listini per molte referenze. L’inflazione colpisce anche i dettaglianti".