Cartasegna, ecco perché l'Inps gli ha ridotto la pensione

Da 20mila a 5.300 euro netti al mese. E l'avvocato ha già fatto ricorso

L'avvocato perugino Mario Cartasegna

L'avvocato perugino Mario Cartasegna

Perugia, 21 luglio 2016 - DA VENTIMILA a 5.300 euro netti al mese. L’Inps rivede la pensione dell’avvocato Mario Cartasegna. E la taglia. Di netto. Con poche righe di «circostanza» infatti l’Istituto nazionale di previdenza sociale ha comunicato al legale (che ha lavorato per conto del Comune di Perugia dal 1972 al 2008 e che ancora segue alcune vertenze dell’ente), che il suo emolumento sarebbe stato ribassato del 75% rispetto all’importo originario che percepiva da 8 anni. CARTASEGNA tre anni fa era balzato agli onori della cronaca – suo malgrado – per la cosidetta «pensione d’oro» che percepiva. «Una delle dieci più alte in Italia» aveva dichiarato un sindacalista ad una trasmissione televisiva. Lui non era dello stesso avviso. Quella pensione – naturalmente legittima – era frutto di una serie complessa di calcoli che tenevano conto dello stipendio che l’avvocato ha percepito quando lavorava per conto del Comune. Uno stipendio composto da una parte «fissa» e da una «mobile» e che alla fine hanno prodotto quell’importo così elevato. ORA PERO’ quella somma è stata rivista e ridotta dall’Inps. Il motivo? Tutto parte di nuovo dai compensi che Cartasegna percepiva alle dipendenze di Palazzo dei Priori: uno stipendio - come detto - composto di due parti, una «fissa» e una «mobile» (che è poi quella relativa ai compensi professionali per le cause vinte). NEL 2005, prima della 'messa a riposo' del responsabile dell'Avvocatura, il Comune scrisse proprio all’Inpdap (ai tempi ente previdenziale per i lavoratori del comparto pubblico) chiedendo come andavano considerati quei compensi, visto che la base per il pensionamento deve essere comunicata dall’ente locale all’Istituto di competenza. La risposta fu che la parte 'mobile' non era né fissa né continuativa e quindi non se ne poteva tener conto ai fini pensionabili. PERÒ l’Inpdap, siccome Cartasegna ha dalla 'sua' una sentenza passata in giudicato (Tar Umbria 1997) relativa proprio alla parte «mobile» del suo stipendio (e secondo cui invece va conteggiata nel montante della pensione), stabilì che quei contributi gli andavano riconosciuti come fossero compenso fisso e continuativo, come d’altra parte era successo in alcuni casi nella regione Lazio. E quindi per questo motivo e per otto anni (dal 2008 al 2016) gli è stata versata una pensione di circa 20mila euro netti.  UN ANNO e mezzo fa poi l’Inps – come era emerso dalle cronache – ha chiesto un ricalcolo della pensione proprio al Comune di Perugia, senza che tenesse conto della parte mobile dello stipendio. Un ricalcolo che l’ente ha effettuato e al termine del quale l’Istituto ha decurato la pensione di circa 15mila euro al mese, facendola così scendere a 5.300 euro. Cartasegna si è ritrovato recapitata la lettera dell’Inps con la comunicazione che l’importo era stato ridotto e a quanto pare ha già presentato ricorso all’Istituto per «violazione del giudicato».  L’ente ora ha tre mesi per controdedurre e poi non è escluso che la questione finisca davanti a un giudice. 

Michele Nucci