Istigazione alla jihad, messo agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico

Ponsacco, Jalal El Hanaoui è stato scarcerato. "La famiglia è commossa"

Jalal

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Ponsacco (Pisa), 4 agosto 2016 - Ieri, nelle prime ore della mattina, Jalal El Hanaoui, il marocchino di 26 anni, accusato di avere istigato alla Jihad attraverso Facebook, è arrivato a casa, a Ponsacco, dove tredici mesi fa, alle prime luci dell’alba, gli agenti della Digos di Pisa lo buttarono giù dal letto e lo arrestarono.

Erano mesi che il giovane veniva "osservato" al pc e ascoltato al cellulare. Su di lui migliaia di pagine di intercettazioni telematiche. Il processo a suo carico è iniziato nel marzo scorso ed è ancora in corso: l’istruttoria dibattimentale è praticamente terminata e nel giugno scorso è stata accolta la richiesta dei difensori Marco Meoli e Tiziana Mannocci della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. C’è voluto un mese e mezzo per trovarlo, ma appena reperito è stata data immediata esecuzione all’ordinanza della corte.

"Abbiamo assistito alle procedure di attivazione del braccialetto – spiega l’avvocato Mannocci – Eravamo lì, a Ponsacco, quando Jalal è arrivato a casa. A sua garanzia abbiamo partecipato alle operazioni necessarie per la custodia cautelare in abitazione. Poi lo abbiamo laccato ai suoi genitori". La famiglia c’era tutta, soprattutto mamma Malika che è stata presente ad ogni udienza in tribunale a Pisa, lasciandosi spesso andare alla commozione.

L’imputato è anche in attesa del pronunciamento del Tribunale del riesame dopo la discussione, avvenuta lo scorso 29 luglio, del ricorso presentato dal pm, Angela Pietroiusti, contro l’ordinanza del tribunale pisano. Quindi Jalal El Hanaoui rischia – se il collegio dovesse accogliere le motivazioni del pm della Dda – di fare veloce ritorno nella cella del carcere ad alta sicurezza di Prato.

"Attendiamo con trepidazione e preoccupazione questo pronunciamento – spiega Mannocci – In base all’esito del Riesame faremo una nuova istanza. Il nostro assistito, infatti, rischia questa situazione paradossale essendo pendente un giudizio che potrebbe riportarlo in carcere". Ma la vera battaglia sarà il 23 settembre in aula a Pisa, quando accusa e difesa si affronteranno per la discussione di questo caso assolutamente complesso e con pochissimi precedenti in Italia.

Carlo Baroni