Telecamere negli asili e case di cura. "Ma non basta"

Ilaria Maggi, mamma di uno dei bimbi del Cip Ciop e presidente dell'associazione "La via dei colori, parla della legge passata alla Camera: "Si interviene quando i bimbi sono già rovinati"

Cip Ciop

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Pistoia, 21 ottobre 2016 - E' arrivato mercoledì sera il via libera della Camera alla installazione di telecamere a circuito chiuso negli asili e nelle strutture socio assistenziali per anziani pubblici e privati per contrastare gli abusi sulle persone più indifese. Ora la proposta di legge passerà al Senato. A Pistoia, il caso più eclatante di maltrattamenti avvenuti in un asilo, è quello tristemente noto del Cip Ciop. Chiediamo a Ilaria Maggi, mamma di uno dei bambini rimasti vittime degli abusi e presidente dell’associazione «La via dei colori», nata proprio per dare aiuto alle famiglie, che cosa pensa della proposta di legge.

 

Oggi l’associazione è diventata una realtà importante. «Lo dicono i numeri. Ad oggi abbiamo 70 procedimenti in corso e abbiamo dato supporto a circa trecento famiglie in tutta Italia. Si tratta per lo più di casi di maltrattamenti avvenuti su minori, ma ci occupiamo anche di anziani e in generale di soggetti deboli. La nostra associazione può contare su un comitato scientifico, di cui fanno parte avvocati, psichiatri, psicologi dell’infanzia ed educatori. Abbiamo iniziato con la cura delle vittime e siamo passati alla prevenzione e infine alla ricerca. Io, nel frattempo, mi sono trasferita a Genova e ho lasciato il mio lavoro per occuparmi a tempo pieno di mio figlio e dell’associazione».

 

Che cosa pensa della proposta di legge appena approvata alla Camera? «E’ un buon inizio, ma non basta. Nel senso che si tratta di una misura valida, ma solo in sede di indagine in corso e come strumento da utilizzare all’interno di un eventuale processo. Manca invece, a mio avviso, la parte preventiva». In che senso? «Nel senso che le verifiche e dunque l’acquisizione e la visione delle immagini registrate avviene solo in conseguenza di una denuncia e dopo la richiesta del magistrato inquirente, dunque quando i fatti sono già avvenuti e quando i bambini sono già rovinati».

 

Che cosa manca nel testo di legge? «Non viene presa in considerazione l’esperienza dei casi trattati. Da quando si verifica l’abuso al momento in cui il bambino esprime, a parole o manifestando sintomi, il suo disagio, intercorre un periodo di tempo più vasto rispetto a quello che il garante della privacy prevede come finestra massima di archiviazione dei video. Si parla di dieci giorni. Inoltre c’è un altro problema: l’installazione delle telecamere è facoltativa per asili e strutture sanitarie e la legge prevede che sia la scuola, nel caso dei primi, a finanziare l’opera, che deve essere prima approvata dai dipendenti, dalle famiglie dei bambini e dai sindacati dei lavoratori che vi operano. Chi avrà soldi e disponibilità per farlo?». Che cosa dovrebbe essere fatto a suo avviso? «Bisogna pensare alla formazione e al supporto da dare agli educatori. La proposta di legge parla anche di questo, ma senza tracciare direttive». Come sta oggi suo figlio? «Oggi mio figlio ha 9 anni e sta ancora scontando un residuo dei danni riportati. Un prezzo troppo alto da pagare, che ricade su tutta la famiglia».