Dall’Alberghiero scrivono alla Clerici: «Veniamo a cucinare i testaroli in tv»

Tutti a difesa del piatto tipico lunigianese. I ricordi di Soldati e Bocca

 Gli studenti dell’Istituto «Pacinotti» che due anni fa hanno partecipato alle «Olimpiadi del gusto» vincendole

Gli studenti dell’Istituto «Pacinotti» che due anni fa hanno partecipato alle «Olimpiadi del gusto» vincendole

Massa, 24 febbraio 2018 - Anche gli studenti dell’Istituto professionale alberghiero Pacinotti di Bagnone scendono in campo per difendere i testaroli originali dalle imitazioni. E dopo aver letto sul nostro giornale la piccola querelle scatenatasi dopo la presentazione di testaroli non autentici alla trasmissione di Rai 1 «La prova del cuoco» , hanno scritto alla redazione del cooking show condotto da Antonella Clerici, proponendo di svelare la vera ricetta del piatto tipico lunigianese. Un delegazione di studenti, futuri chef, si candida a mostrare in diretta la preparazione storica ancora seguita del piatto, che già nel 1959 stupì Mario Soldati, portato dal regista Cesare Zavattini a Pontremoli a mangiare i testaroli alla Trattoria Bussé.

I due stavano girando per la tivù «Il viaggio lungo le rive del Tirreno« e dalla Spezia raggiunsero la città del libro per la degustazione del piatto che poi Soldati definì «l’apriti Sesamo della Lunigiana«. Gli studenti dell’Alberghiero due anni fa hanno vinto le Olimpiadi del Gusto disputatesi a Pontremoli in occasione del Premio Bancarella della Cucina. A colpi di menù gli chef del futuro hanno incrociano le forchette per guadagnare l’alloro con i colleghi degli istituti alberghieri «Minuto« di Marina di Massa, «Pacinotti« di Bagnone, «Matteotti« di Pisa, «Leopoldo II di Lorena« di Grosseto e «Magnaghi« di Salsomaggiore. E nella bacheca dell’istituto fa bella mostra di sé il testo di ghisa dove si cuociono i piatti più prelibati della tradizione locale, conquistato come premio. Quindi gli allievi del Pacinotti hanno i prerequisiti giusti per fare da testimonial dei veri testaroli. L’idea di accoppiare le Olimpiadi del gusto al Bancarella della Cucina è una «ricetta« del Comune di Pontremoli cucinata assieme all’amministrazione provinciale di Massa Carrara e all’Associazione Strade del Vino dei colli di Candia e di Lunigiana che si ripeterà. «Mission della scuola è proprio lo studio, il mantenimento e la valorizzazione delle tipicità del territorio, con particolare riferimento non solo alla tecnica ma anche al patrimonio immateriale del prodotto stesso e, con grande piacere, gli alunni ed i loro professori andrebbero volentieri alla trasmissione della Clerici per svelare il volto autentico del cibo antico del nostro territorio», afferma la preside Lucia Baracchini. Quella del testarolo è una storia antica perché è una delle prime forme di pane azzimo preparato nel testo di terracotta (poi di ghisa), tipico dell’alta Lunigiana.

Perché si chiama così? Lo spiega il professor don Lorenzo Piagneri, studioso di etnografia locale: «Il nome deriva dal latino «tegere» ( coprire) che richiama la modalità di cottura nei testi e «Starolo», una misura per aridi (equivalente a 6,585 lt.) -, che nella tradizione popolare definiva la quantità di grano che il Comune assegnava ai poveri. Ogni contadino versava alla Comunità 9 «Staroli» di grano (circa 60 kg)». La prima volta che il piatto tipico pontremolese finì sotto il titolo di un giornale fu alla fine degli anni Settanta. «Testarolo tu sei la mia patria», così titolò «L’Espresso» una rubrica curata dal giornalista Giorgio Bocca, che, nell’occasione, ospitò una paginata di lettere inneggianti ai testaroli. In precedenza il noto giornalista aveva bacchettato i testaroli perché forse non li aveva graditi dopo averli mangiati in un’osteria della Lunigiana. Ma un gruppo di giovani goliardi pontremolesi decise simpaticamente di «punire» il giornalista sommergendolo di finte lettere a difesa dei testaroli, definiti addirittura «il pane della Resistenza».