La terra degli highlander: i cent'anni di Almina Ravelli

Viaggio nella Lunigiana di chi con passo fermo supera il secolo di vita

Almina Ravelli da giovane

Almina Ravelli da giovane

Pontremoli, 23 marzo 2015  - LA TERRA dei falò è anche la culla dei centenari, un posto dove la longevità non è un lusso. Qual è il segreto? Acqua, aria, cibo e socialità sono forse gli ingredienti dell’elisir di lunga vita, che assieme alla genetica fortunata favoriscono un lungo invecchiamento. Sono sempre più numerosi i compleanni over 100 all’ombra del Campanone, che scandisce da secoli il tempo e la cronaca di una vita da «highlander». Il viaggio nel pianeta dei supernonni inizia con la storia di Almina Ravelli, che ha recentemente festeggiato l’ambito traguardo centenario all’Istituto Cabrini, dove è arrivata sei anni fa, dopo il lungo peregrinare di una vita affrontata con la forza di una carattere speciale, ma sempre sostenuta dall’infinito amore della figlia Anna Pia, del genero Giancarlo e dei nipoti.

«UNA GENERALESSA», confida Mattia, nipote che conserva ancora sul palato il gusto delle leccornie della nonna in cucina per le feste: «Tortelli fatti a mano, torte d’erbi, lasagne bastarde, bombe di riso e semolino con gli amaretti erano i suoi piccoli capolavori gastronomici». Il sorriso di Mattia nasconde nelle pieghe della memoria l’emozione che nasce dall’affetto per una presenza davvero eccezionale. Almina nacque il 20 febbraio 2015 a Serravalle di Filattiera da Dusolina e Sante, che l’anno dopo morirà sul Monte Grappa guadagnando una decorazione al valore e anche una lapide a Redipuglia. Orfana, dopo una fanciullezza tutta trascorsa nella casa filattierese accudita amorevolmente dalla madre, dopo aver frequentato le scuole superiori, nei primi anni Quaranta trovò lavoro alle Poste. Prima a Scorcetoli e poi a Massa. Un periodo in cui si era fidanzata con Bentivoglio Rossi, che poi diventerà suo marito, ma dopo il suo ritorno dalla seconda guerra mondiale e un periodo trascorso in campo di concentramento. Il lavoro all’ufficio postale non le piaceva e così aprì nei primi anni Cinquanta un negozio di merceria e maglieria a Pontremoli in via Pietro Cocchi, molto frequentato dalle ricamatrici del quartiere. «Ricordo con affetto le sorelle Conti – raconta nonna Almina – anche loro con una carriera ultracentenaria». Prima di Anna Pia, ebbe la sfortuna di partorire tre pargoletti maschi che però morirono anzitempo.

NONOSTANTE l’impegno del negozio e con l’assenza periodica del marito, che faceva l’ambulante nella zona di Ferrara, Almina non ha dimenticato mai la casa natia di Serravalle, dove amava trascorrere i momenti di libertà coltivando l’orto così come le aveva insegnato la madre. La sua passione erano le verdure e le erbe selvatiche che conosceva perfettamente e selezionava per preparare le sue squisite torte. Poi il marito Bentivoglio fu colpito da una trombosi a 46 anni. Riuscì a cavarsela, ma rimase infermo 14 anni in un letto prima di salutare questo mondo. Nonostante il sacrificio di una quotidianità difficile da affrontare Almina dimostrò forza e determinazione anche quando rimase sola. La figlia si era sposata e le aveva regalato tre nipotini: Jacopo, Nicolò e Mattia. Molto autonoma, nel suo appartamento se l’è sbrigata con disinvoltura sino a 94 anni, quando la figlia le ha chiesto di trasferirsi a casa sua per poterla aiutare meglio. Ma Almina non ha voluto, «per non disturbare». Ed è approdata al pensionato Cabrini tra tanti altri coetanei dove ha festeggiato il suo centenario assieme alla pronipote Nicole, figlia di Jacopo e Paola. Ed è scattato l’orgoglio per la quarta generazione. «E’ lei la mia erede» sorride con gli occhi furbi Almina, traguardando pensosa il futuro.

Natalino Benacci