Carabiniere ucciso, Vignozzi ripreso dalle telecamere: è solo

Gli inquirenti analizzano la confessione del pensionato che ha ucciso Taibi. E guardano i filmati

Nel riquadro, a sinistra l'omicida, a destra il maresciallo Taibi

Nel riquadro, a sinistra l'omicida, a destra il maresciallo Taibi

Carrara, 3 febbraio 2016 - Le telecamere del condominio di Monterosso non hanno ripreso la scena del delitto perché spente ma gli altri «occhi» sparsi in città avrebbero ripreso l’omicida in fuga. E pare che sia solo in auto. Un particolare che avvalora la sua tesi e vale a dire che ha fatto tutto da solo senza la complicità dei due figli, Riccardo e Alessandro che sarebbero completamente estranei al delitto. Il padre Roberto Vignozzi che in carcere continua a ripetere di non sapere come abbia portuto fare una cosa simile, addossava, senza alcuna ragione, al maresciallo Antonio Taibi i guai giudiziari a cascata che hanno coinvolto i due ragazzi. Il primo arresto avvenne nel 2007 e all’operazione partecipò anche il maresciallo ucciso che poi aveva lasciato la compagnia di Carrara e le indagini nel campo dell’antidroga avendo ottenuto una promozione di prestigio al nucleo comando di Massa.

Il giorno prima del delitto i due fratelli Vignozzi erano stati condannati ad un anno di reclusione per lo spaccio di una modica quantità di droga. La goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma perché Vignozzi, persona mite che quando qualcuno alza la voce, era il primo ad andarsene, è tornato a prendere di mira il maresciallo che nulla aveva a che fare coi suoi figli da anni?

Difficile comprendere cosa sia balenato nella mente dell’omicida che addirittura voleva salire in casa del maresciallo quando gli ha suonato al citofono. Particolari agghiaccianti, come appare terribile la confessione di getto del Vignozzi, quasi a volersi liberare da un incubo. Nel primo interrogatorio difronte al pm Dello Iacono (davanti al gip De Mattia si è avvalso della facoltà di non rispondere) l’ex postino ha raccontato di aver parlato con il maresciallo Taibi che era sceso al piano terra per andare a vedere chi gli aveva suonato al citofono alle 7,30 di mattina spacciandosi per un insegnante di musica. «Gli ho detto che sono il Vignozzi e lui mi ha riposto che non sapeva chi fossi, né io, né i miei figli, di non ricordarsi nulla»: così avrebbe riferito l’omicida agli inquirenti.

Ci sarebbe stato anche uno scambio di parole tra i due, sempre secondo la versione di Vignozzi tutta da chiarire e il maresciallo avrebbe voluto sapere chi gli aveva detto dove abitava. I carabinieri attendono ora l’esito dell’esame dello stub a cui sono stati sottoposti, oltre all’ex postino, anche i suoi due figli che però sarebbero estranei alla vicenda. Da chiarire perché Vignozzi una volta tornato a casa, dopo essersi cambiato, ha gettato i vestiti sporchi di sangue in un cassonetto alla Fabbrica vicino alla sua abitazione. L’uomo era stato sfrattato dalla casa di viale Galilei dove pagava un affitto di 850 euro al mese. Nello scorso anno ottenne anche mille euro dal Comune per lo sfratt