Via cartellino e cravatta: "Il modello Silicon Valley vince in Toscana"; aziende, il caso Tonic

Fondato da un trentottenne, il team livornese è composto da venti giovani. Il loro lavoro ha attirato l'attenzione di Mc Donald's, Unicredit e altre grandi industrie. Che affidano al gruppo il destino dei loro marchi

Il gruppo di Tonic. A destra, in giacca e camicia bianca, Saverio Evangelista (Foto Lanari)

Il gruppo di Tonic. A destra, in giacca e camicia bianca, Saverio Evangelista (Foto Lanari)

di Francesco Marinari

Twitter: @framar1977

Livorno, 2 ottobre 2015 - “Una Silicon Valley è possibile anche qui, in una Livorno economicamente depressa, ma che ha tanti ragazzi che vogliono emergere”. Parla in mezzo ai suoi venti dipendenti, la gran parte trentenni.

Parla con negli occhi una grinta e una voglia di innovazione non così comuni tra gli under 40 della costa labronica, dove la frase “Non c’è lavoro” è spesso una scusa per non provare a volare. Saverio Evangelista, 38 anni, è a capo della Tonic, società che fornisce ai grandi marchi progetti di campagne pubblicitarie online. Heineken, Mc Donald’s, Gewiss: industrie che scelgono, per parlare al pubblico, per far conoscere i loro prodotti, questa giovane azienda.

“Dove non c’è dress code né cartellino - dice Evangelista - Non mi interessa che i ragazzi siano per nove-dieci ore al giorno chini al computer nelle ore canoniche. Curiamo il risultato. Non mi stupisco che qualcuno lavori il sabato ma non il lunedì”.

E intanto, mentre tanti ragazzi cercano spesso invano rifugio nel mitico posto fisso rinunciando alle loro idee imprenditoriali, alla Tonic, nella zona industriale del Picchianti, tra elettrauto e carrozzerie, si sfornano app per un’industria di protesi di fama mondiale e campagne pubblicitarie per giganti della telefonia come Tre o per il gruppo di Oliviero Toscani, cliente storico dell'agenzia. I venti ragazzi sono il motore: programmatori, account che hanno il compito di seguire i vari clienti. Tutto in maniera informale, in jeans e polo o, al massimo, camicia.

Ma soprattutto, Tonic assume, rende fluido un mercato del lavoro che nella zona è molto stagnante. Mentre realizziamo l’intervista, il capo sigla il contratto a tempo indeterminato di una nuova assunta.

Saverio Evangelista, la sua azienda è un po’ una mosca bianca in città, insieme a poche altre. Ma anche la sua storia è singolare…

“Iniziò tutto con la mia passione per il disegno e la grafica. Tanto tempo fa ero un decoratore e disegnatore. Tirai su la mia attività, mi sono occupato di decorare edifici importanti a Livorno e non solo”.

Poi che successe?

“Nonostante l’infinito trasporto per il disegno, tre ernie del disco, frutto delle tante ore a lavorare su muri e impalcature, mi hanno bloccato. Proprio in quel periodo conobbi il titolare di un’agenzia di pubblicità online. Vidi il suo stile di vita, il modo in cui pensava e fui folgorato. Fu per me di grande ispirazione nel capire quale poteva essere il mio futuro. Lasciai il mondo del disegno in senso stretto e aprii la mia piccola agenzia, che aveva come logo il profilo delle mie tre ernie del disco. Un modo per ripartire. Da lì, anno dopo anno, con tanti ostacoli superati, sono arrivato fin qui”.

Che cosa fa la Tonic? 

“Cura l’immagine delle aziende utilizzando i canali più adatti per il tipo di cliente. Ci occupiamo di far sì che l’azienda riesca a comunicare al pubblico che cosa fa, saltando gli intermediari e arrivando appunto alla gente. Ad esempio curiamo una campagna Facebook per la divisione di Heineken che si occupa di cultura birraia. Ma ci occupiamo anche di sviluppare app per cellulare. E sviluppiamo siti internet ad hoc, come quello fatto per Gewiss”. 

Cosa ci racconta dei venti ragazzi che sono con lei?

“Arrivano da un po’ tutta la Toscana e ci sono anche livornesi. Sono giovani che hanno voglia davvero di lavorare, che hanno abbracciato il progetto e sentono l’azienda come loro”.

Poche aziende a Livorno hanno questa attenzione internazionale, lo sa?

“Sì, e questo a volte fa un po’ ridere le persone. Come è possibile che a Livorno, in una zona industriale di provincia qualunque ci sia un’azienda del genere? Non siamo i soli, lo sappiamo, ma abbiamo comunque molta attenzione dai grandi marchi. Il segreto è seguire tutto qui dentro, esternalizzare il meno possibile, avendo così una cura maniacale della campagna o del progetto del cliente. Siamo anche onesti. Se un progetto non funziona, diciamo al cliente che le cose vanno cambiate”.

Come si va a dormire la sera sapendo che ci sono venti persone che dipendono economicamente dalla sua azienda?

“E’ difficile anche perché molti di noi adesso hanno famiglia, una casa e le preoccupazioni dei figli. Ma ho la fortuna di avere uno staff fantastico. Non sono il capo assoluto, mi consulto con loro, li ascolto, mi confronto. Il loro supporto è fondamentale perché tutto riesca. Abbiamo abbracciato un progetto e insieme lo portiamo avanti”.

E le tasse? Sono da sempre il grande problema della piccola e media impresa…

“Si tratta di un capitolo doloroso. Così è difficile andare avanti. Conosco colleghi imprenditori che hanno delocalizzato in Paesi in cui la tassazione è al 20% perché qui, con il 60% che paghiamo, è un dramma. Per Tonic le cose vanno bene, c’è un buon giro di clienti, ma in generale è triste pensare che vent’anni fa, con i guadagni di oggi, avremmo avuto un benessere economico di gran lunga maggiore. La nostra generazione sta pagando errori di altri e questo è triste".

E’ difficile emergere per un giovane in una zona depressa come quella livornese. Che ne pensa?

“In alcune grandi famiglie i padri purtroppo stentano a dare ai figli il comando dell'azienda, ad ascoltare le loro idee innovative, a sposarle e farle loro. Noto in generale una grande resistenza al cambiamento. Il problema sta tutto qui. Come presidente dei Giovani Industriali organizzo insieme al gruppo una serie di appuntamenti per far capire alle aziende l’importanza della digitalizzazione. E’ un problema tutto toscano, che non ravviso ad esempio in Lombardia o Emilia, due regioni con cui lavoriamo molto e in cui gli imprenditori investono nell’innovazione, nel farsi conoscere attraverso nuovi canali. Qui tante aziende hanno problemi perché non sanno rinnovarsi. Sbattono la testa sullo stesso problema fino a rovinarsi”.

Lei è rimasto, ha avuto un gran coraggio…

“Il fatto è che amo Livorno e la Toscana. Livorno è il posto più bello per vivere, la qualità di vita è alta. Finché potrò cercherò di dare possibilità qui a più ragazzi possibile. Siamo in contatto con l’università e il Polo tecnologico di Navacchio. Ci sono dei germogli, ovvero ragazzi di valore, tutto sta curarli e crescerli. E poi, se tutti andassero via, che rimarrebbe di questo territorio?”.

Come vede il futuro della sua azienda?

“Abbiamo un’idea ben precisa. Vogliamo sviluppare la nostra attività creando progetti per i marchi del lusso e della moda. In questo momento il mercato internazionale va lì. I grandi capitalisti di Russia, Cina, India amano il bello e il gusto italiano. Hanno ampie disponibilità economiche e dunque le aziende hanno tutto l’interesse a mettere in campo strategie comunicative ad hoc. Già seguiamo questi settori, ma siamo pronti a seguirli con ancora maggior attenzione”. Abbiamo già un ufficio a Milano, stiamo valutando se aprire a Londra, che è poi la porta che apre un po’ il mondo intero”.

Dia un consiglio ai figli che si affacciano al mondo del lavoro e ai loro genitori…

“Ai genitori dico di ascoltare di più i figli. Se c’è un seme va annaffiato e curato. Ai figli dico di tirare fuori il carattere, di avere coraggio. Ognuno ha una attitudine nella vita, una passione, ma spesso viene deviata dagli eventi o dalla paura di non potercela fare. Cercate di capire bene quello che vi piace fare e fatelo, senza stare a sentire i giudizi. Il vero fallimento è non averci provato”.