Pronto il pontone Italia di Neri per sollevare la nave «Urania»

Tragedia in porto, più complicato il recupero del bacino Mediterraneo

La nave Urania

La nave Urania

Livorno, 1 settembre 2015 - Comincia a farsi avanti un dubbio nuovo, tra i tanti che costellano la tragedia dell’Urania costata la vita a un marittimo: se e quando il relitto della disgraziata nave potrà essere rimosso, che ne sarà del bacino Mediterraneo, anch’esso danneggiato e semi-affondato? Più chiaramente: sarà economicamente riparabile, e in che tempi? A queste e ad altre domande tecniche si potrà rispondere solo quando i periti del tribunale avranno completato il loro lavoro. Nel frattempo si stanno ipotizzando gli interventi per togliere dal bacino il relitto dell’Urania.

E le soluzioni che i tecnici prospetterebbero sono due: il rigalleggiamento dopo aver saldato le falle subacquee e aver pompato via l’acqua di mare che ha allagato stive e sala macchine (l’impresa di recuperi Neri è stata già allertata per predisporre le potenti pompe idrovore di cui dispone); oppure il sollevamento del relitto grazie alla maxi-gru sempre dei Neri del pontone Italia. Rientrato da poche settimane da un altro delicato intervento davanti a Ravenna, per il recupero del relitto della nave turca Gokbel, il pontone Italia ha già sollevato l’Urania quando la nave è stata posizionata al cantiere Montano per la “jumboization”: non dovrebbe avere difficoltà a toglierla dal bacino una volta alleggerita dall’acqua con il primo intervento ipotizzato, eventualmente anche dopo il taglio e l’eliminazione di alcune sovrastrutture e impianti. Più delicata appare l’operazione di recupero del bacino.

Primo, perché non si sa ancora bene quali siano gli effettivi danni che ne hanno portato all’affondamento (il Rov dei Vigili del Fuoco fa del suo meglio, ma solo un’ispezione dei sub potrà dare certezze: e quelli della Lamarsub di Vittorio Paggini, allertati dalla Procura, non hanno ancora tutte le garanzie di sicurezza per potersi immergere). Secondo: perché dovrà anche essere valutata la convenienza economica del salvataggio di questa struttura che è nata male e sta finendo peggio. 

Costruita durante le convulse fasi di pre-fallimento del cantiere, sbagliata in alcune misure tanto che non è stato possibile collaudarla al massimo previsto, priva di tutta la più importante documentazione sulla manutenzione tanto che l’Authority ha dovuto appaltare la “ricostruzione” dei documenti stessi, la struttura sarebbe stata danneggiata nel sinistro dell’Urania proprio nella sua parte più delicata e costosa, le pompe, le valvole e l’impiantistica. C’è da chiedersi- dicono i tecnici- secondo quali saranno i risultati delle ispezioni, se varrà la pena. E qualcuno comincia a guardare verso il bacino Salvadori (110 metri di lunghezza, 1500 tonnellate di portata) come alternativa per le urgenze più urgenti.