Ciclista morto, finisce indagato il testimone che l’ha fatto trovare

Il legale dell’automobilista: "Incredibile. Ha solo fatto il suo dovere"

Stefano Perrone

Stefano Perrone

Livorno, 28 aprile 2017 - Il mistero della bici sparita, e il ritrovamento domenica mattina, del corpo di Stefano Perrone, 32 anni, infermiere del pronto soccorso di Livorno, nel burrone sottostante quel tratto di guard rail – lungo la provinciale 10 tra Gabbro e Castelnuovo della Misericordia – in cui un testimone di passaggio ha detto di aver visto la sua «Cannondale», il sabato pomeriggio. Chi ha preso la bici? E giù in quel burrone, Stefano, è caduto da solo, perdendo l’equilibrio dopo la sosta per fare pipì, o vi è stato spinto nella colluttazione con chi voleva rubargli l’amata «Cannondale» che ora non si trova?

Sono gli interrogativi su cui la Procura di Livorno - l’inchiesta è affidata ad un magistrato attento e scrupoloso, la dottoressa Fiorenza Marrara - vuol fare piena luce. Non fermandosi all’apparenza dei fatti. «Lo dobbiamo al ragazzo morto - commenta il procuratore capo Ettore Squillace Greco - e ai familiari. Il nostro dovere è chiarire cosa è successo, e questo accertamento comporta degli atti dovuti, a garanzia delle persone a vario titolo coinvolte». Il riferimento è all’iscrizione nel registro degli indagati di un uomo, 40 anni, livornese, per l’ipotesi di morte come conseguenza di altro reato, collegata all’omissione di soccorso e al furto della bicicletta.

Uno scenario diverso, appunto, rispetto all’iniziale ricostruzione della caduta accidentale. Destinatario dell’avviso di garanzia è il testimone che domenica mattina ha portato gli amici sulle tracce di Stefano. Sabato pomeriggio percorreva la stessa strada in macchina con moglie e le due bambine, e ha visto la bici appoggiata al guard rail. È stato lui a rispondere, domenica mattina, all’appello su Facebook, lanciato da familiari ed amici. Loro già temevano il peggio, ed avevano iniziato a battere la zona prima ancora che la Prefettura attivasse il protocollo «ricerca scomparsi». Ricevuta la telefonata, si sono dati appuntamento con lui sul ponte di Gabbro, dividendosi lo spazio da perlustrare a monte e a valle della strada. Ed è a valle che hanno trovato Stefano. Non è morto sul colpo, si è rialzato, ha percorso una quindicina di metri in mezzo alla boscaglia, poi è crollato a faccia in giù, soffocato dall’emorragia. Gli accertamenti sul telefono del testimone, mostrano che ha agganciato più volte la cella sul luogo della tragedia. La sua auto è stata sequestrata e sono state perquisite le rimesse di casa sua e del suocero, alla ricerca della bici scomparsa o di parti di essa. «Ne uscirà completamente estraneo ai fatti - commenta il suo legale, avvocato Massimo Gambacciani - perché lo è. Ha solo fatto il suo dovere. Era in auto con la moglie e le due bimbe, ha visto la bici e si è fermato per vedere se c’era qualcuno che aveva bisogno di una mano. Senza neanche scendere di macchina. Ha fatto due o tre volte inversione, poi ha ripreso la sua strada. Purtroppo non ha visto quel ragazzo, tutto qua».