«Chiellini, collezione dimenticata. Pezzi incredibili chiusi nei Granai»

Lo studioso Sammartino: «Una donazione mai davvero valorizzata»

L'ex sala archeologica e Franco Sammartino

L'ex sala archeologica e Franco Sammartino

Livorno, 28 febbraio 2017 - «Una collezione ricca ma da sempre avvolta nel mistero, messa insieme due secoli fa verso la fine dell’800 da Enrico Chiellini. Che fine ha fatto?». A chiedere con insistenza e passione lumi sul destino della vasta raccolta che conta innumerevoli pezzi d’arte – nella Chiellini anche un’incredibile raccolta di monete – è Franco Sammartino, esperto appassionato di archeologia e paleontologia. «Da fine ’800 la collezione Chiellini passò direttamente al Comune, Enrico Chiellini ne fu subito nominato direttore – spiega – E’ anche stata visibile per un periodo, nonostante ci fossero voluti circa dieci anni per questo. La vera sede fu in un edificio in piazza Guerrazzi, in angolo, dal 1892 fino all’incirca al 1940. Poi, con l’incombere della Seconda Guerra Mondiale, il materiale fu tutto inscatolato e trasferito per paura dei bombardamenti: una idea che si rivelò esatta».

L'interno del museo in un'immagine d'epoca
L'interno del museo in un'immagine d'epoca
 

I vari pezzi che componevano e compongono la collezione sono così andati in giro per la Toscana, per metterli in salvo. Pochi anni fa si tenne un convegno, che la riportò sotto i riflettori. «Vennero anche alcuni rappresentanti comunali, circa sette anni fa. Già si parlava del progetto di Museo della Città. A quell’incontro seguì una mostra, insufficiente, alla Villa Mimbelli per esporre la Chiellini. Con gli amici dell’associazione Gruppo archeologico paleontologico del Museo di storia naturale di Livorno abbiamo visto alcuni degli imballaggi della collezione, che si trovano ai Granai di Villa Mimbelli. Forse se si riuscissero a dirottare ai Bottini dell’Olio un po’ di quei turisti che dalle grandi navi non si dirigono a Firenze e Pisa, l’occasione di esporre il materiale archeologico non sarebbe da perdere». Sammartino ha anche raccontato qualche aneddoto su alcune sue recenti scoperte.   «Con l'associazione di cui faccio parte abbiamo rinvenuto traccia di ville romane intorno alla città, oltre a una necropoli tra Salviano la Leccia e Collinaia. Molti dei materiali messi insieme durante le nostre ricerche (di carattere preistorico) sono ora ospitati in alcune vetrine del Museo di storia naturale. Qui sono state realizzare anche diverse mostre dedicate alla città, come quella sulle attività produttive a Livorno. Tra gli ultimi ritrovamenti un frammento di tegola contenente la parola «Salvius» – conclude Sammartino – Probabilmente si riferisce a un «officinatore» ossia un impresario che gestiva una fornace. Un richiamo alle origini del nome del moderno quartiere di Salviano, che sembra derivare da «Gens Salvia». Il nome latino «Salvius», in età tardo-repubblicana/augustea era diventato un cognome frequente fra gli schiavi, poi liberti».